Che l’Europa si stesse preparando a battere in ritirata sul fronte dell’emergenza immigrazione lo si è capito chiaramente giovedì, quando la portavoce del commissario Ue per l’immigrazione Avramopoulos, pur riconoscendo che la situazione degli sbarchi dei profughi è destinata ad aggravarsi a partire già dalle prossime settimane, ha alzato le braccia davanti all’impotenza della commissione europea.

«Dobbiamo essere franchi – ha detto – la commissione non può fare da sola, non abbiamo la bacchetta magica».

Mancano i soldi (anche se solo qualche giorno fa proprio Avramopoulos aveva negato che il problema fosse economico) ma manca – ha aggiunto la portavoce – soprattutto la volontà politica di intervenire da parte di alcuni governi.

La conferma del disinteresse di Bruxelles è arrivata venerdì, quando fonti diplomatiche dell’Ue hanno riconosciuto la mancanza di un «consenso per rafforzare Triton», la missione europea impegnata nel Mediterraneo. Il problema – hanno spiegato – è la Libia dove l’assenza di un governo di riferimento rende impossibile arginare le partenze dei barconi. Ma anche la crisi siriana e quella irachena, che contribuiscono non poco ad alimentare il fiume di disperati che cercano salvezza da questa parte del mare.

Per domani infine è in programma il vertice dei ministri degli Esteri dei 28 a Lussemburgo dove la rappresentante della politica estera dell’Ue, Federica Mogherini, presenterà un documento con le proposte per avviare un processo di stabilizzazione in Libia, ma c’è da scommettere che qualunque decisione verrà presa difficilmente cambierà qualcosa per i migranti, che continueranno così a rischiare la pelle nel canale di Sicilia.

La realtà è che l’Italia è sola a fronteggiare un dramma che riguarda centinaia di migliaia di persone. E a peggiorare le cose c’è il fatto che il governo anziché prendere in mano la situazione – come fece il governo Letta nel 2013 – continua ad appellarsi a Bruxelles sapendo che difficilmente riuscirà ad ottenere più di quanto avuto finora, ovvero il via libera a una missione come Triton della quale oggi tutti riconoscono i limiti. Ma che il ministro degli Interni Alfano salutò a suo tempo come un successo del nostro Paese che aveva finalmente costretto l’Europa ad assumersi le sue responsabilità. Gli oltre diecimila profughi arrivati negli ultimi giorni (700 solo ieri) dimostrano che le cose non stanno affatto così, e che anzi sono destinate a peggiorare vista la violenza dimostrata dagli scafisti, pronti a tutto pur di riprendersi i barconi fatiscenti sui quali costringono a viaggiare i profughi.

E a poco servono gli appelli rivolti puntualmente all’Ue dalla presidente della Camera Laura Boldrini o dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che si è anche detto «imbarazzato» per l’immobilismo di Bruxelles. Appelli ai quali da ieri si sono aggiunti anche quelli autorevoli del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e di papa Francesco, concordi nel chiedere all’Europa un impegno deciso per fermare quella che il capo dello Stato ha definito come una «continua perdita di vite umane nel Mediterraneo».

Stragi che purtroppo sono destinate a ripetersi se Roma e Bruxelles continueranno a rimpallarsi il problema. Aspettare che si risolvano le crisi in Libia, Siria e Iraq per intervenire in aiuto di coloro che proprio da quelle crisi fuggono, significa solo perdere ancora tempo prezioso.