Per l’Unione europea i migranti economici rappresentano un problema, ma se nella massa di disperati che cerca di raggiungere il Vecchio Continente ci sono dei «talenti», ovvero lavoratori altamente qualificati e preziosi per il nostro mercato del lavoro, allora il discorso cambia. E molto. Entro il 2025, avverte infatti Bruxelles, serviranno tra i 68 e gli 83 milioni di lavoratori specializzati, manodopera indispensabile per mettere un argine al calo della popolazione in età lavorativa, ma soprattutto per rispondere alle esigenze di un mercato che richiede competenze sempre più alte. E di questi almeno 18 milioni servono praticamente subito, entro il prossimo decennio. Una necessità che l’Europa da sola non è grado di soddisfare e per questo deve fare ricorso ai migranti.
A lanciare l’allarme, sottolineando la necessità di personale iperqualificato, è un documento della Commissione europea che già nello scorso mese di aprile avvertiva i capi di stato e di governo della necessità di gestire in maniera diversa i flussi migratori. «La migrazione è stata e continuerà ad essere nei prossimi decenni una delle questioni fondamentali per l’Europa», è scritto nel testo in cui si ricorda come i cambiamenti climatici, le guerre e l’instabilità economica di aree a noi vicine continueranno a spingere le persone a cercare rifugio in Europa. Per gli stati resta quindi prioritario garantire protezione a chi fugge ma, avverte il documento, «con l’evolvere delle loro tendenze demografiche dovranno ricorrere alle opportunità e ai vantaggi offerti dai talenti e dalle capacità degli immigrati, e quindi cercare di attirarli».
Nel migration compact discusso ieri dall’europarlamento è prevista anche una revisione della Blu card, lo speciale permesso di soggiorno varato dall’Ue nel 2009 proprio per attirare lavoratori altamente qualificati. Revisione che era stata sollecitata ad aprile dalla Commissione guidata da Jean Claude Juncker per la quale era necessario uno strumento più efficace. Del resto anche l’Ocse proprio ieri ha sollecitato l’Europa a varare politiche in grado di attirare e trattenere cervelli, tanto più che dei migranti che ogni anno approdano nel Vecchio Continente solo una minoranza è ben qualificata. La migrazione umanitaria – è scritto nel rapporto presentato ieri a Parigi – «non può sostituire i canali discrezionali e selettivi della migrazione professionale tramite cui i datori di lavoro dovrebbero soddisfare i futuri bisogni di competenze».
Facile, a questo punto, ipotizzare come in futuro la selezione dei migranti, e forse anche dei richiedenti asilo da accogliere in Europa potrebbe avvenire sulla base delle indicazioni espresse sia dalla Commissione Ue che dall’Ocse. Se l’Europa «vuole rimanere un attore competitivo a livello mondiale», avverte il documento della Commissione, dovrà trovare il modo per attirare dall’estero le competenze che gli servono. «Ciò è essenziale non solo per soddisfare il fabbisogno attuale e futuro di competenze e salvaguardare un’economia dinamica – conclude il testo – ma anche per assicurare la sostenibilità dei nostri sistemi assistenziali a lungo termine».
Insomma la battaglia per accaparrarsi gli immigrati più qualificati è cominciata. Anche perché i «talenti» non farebbero gola solo a noi europei. Qualche giorno fa il quotidiano tedesco Der Spiegel ha accusato Ankara di escludere dall’accordo siglato con l’Ue (un siriano accolto in Europa per ogni siriano entrato illegalmente ripreso dalla Turchia) i profughi più qualificati, trattenendo così ingegneri, medici o comunque lavoratori estremamente qualificati. La questione sarebbe stata posta ad aprile dal rappresentante del Lussemburgo in una riunione dell’Ue. Al loro posto, Ankara invierebbe profughi non qualificati e malati.