Se non ci fosse stata la Brexit sarebbe stato l’argomento principale del Consiglio europeo che comincia oggi pomeriggio a Bruxelles, ma seppure in tono minore la crisi dei migranti continuerà a tenere banco al vertice dei capi di stato e di governo europei, anche in vista dell’imminente avvio, il primo luglio prossimo, del semestre di presidenza slovacca. Il primo per Bratislava, che da qui alla fine dell’anno dovrà gestire dossier delicati come l’avvio delle procedure per l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione, ma anche la revisione del regolamento di Dublino e del sistema europeo di asilo, insieme alla gestione delle frontiere esterne. Non poco per un paese che, insieme a Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, nell’ultimo anno è stato tra i maggiori sostenitori di una linea dura nei confronti di migranti e rifugiati.

Tutti temi delicati, come del resto lo sono anche quelli in agenda oggi. A partire da un aggiornamento dell’accordo sui migranti siglato con la Turchia. Dal 20 marzo scorso, giorno di avvio dell’intesa, gli arrivi sulle isole greche si sono pressoché azzerati. Il che permette ad Ankara di reclamare, oltre ai 6 miliardi di euro promessi, anche la contropartita politica prevista, soprattutto per quanto riguarda la liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi. Una richiesta sulla quale potrebbero crearsi crepe profonde tra Ue e Turchia. L’Europa chiede infatti ad Ankara l’adempimento di tutti e 72 i criteri ritenuti indispensabili per poter procedere, ma anche una modifica della legge antiterrorismo voluta dal presidente Erdogan. Da parte sia Ankara, intenzionata a non cedere, replica sostenendo l’inesistenza di un collegamento tra la legge in questione e l’accordo sui migranti. Bisognerà vedere chi la spunterà.

Decisamente meno problematico è il secondo punto sul tavolo, che riguarda il varo della guardia costiera e di frontiera europea, punto che fa parte anche di un piano per rafforzare l’Europa messo a punto da Parigi e Berlino. Il compromesso che mette fine a mesi di discussioni è stato raggiunto una settimana fa e prevede la creazione di una nuova agenzia che potrà contare su 1.500 uomini messi a disposizione dagli Stati membri (l’Italia contribuirà con 125 persone) dislocati nei paesi di appartenenza ma pronti a intervenire in caso di emergenze che possano mettere a rischio l’area Schengen.

articolare importante: è stato stabilito che la decisione di far intervenire la guardia di frontiera spetta a Bruxelles su proposta della Commissione e dopo decisione del Consiglio (con maggioranza qualificata). Se il governo ai cui confini si è creata la crisi non dovesse collaborare, l’Ue può far ricorso all’articolo 29 del codice di Schengen che prevede la chiusura delle frontiere dei paesi confinanti fino a un massimo di due anni.

Il terzo punto sul piatto riguarda la stipula di nuovi accordi con i paesi africani di origine e di transito dei migranti al fine di bloccare le partenze e favorire i rimpatri, sulla base di quanto previsto dalla migration compact proposta dalla Commissione europea. L’Italia chiede anche un aumento di ulteriori 500 milioni di euro del fondo per l’Africa. Infine, dopo la risoluzione del consiglio di sicurezza Onu, dal vertice dovrebbe arrivare anche il via libera politico all’ampliamento della missione europea EuNavFor Med-Sophia nel Mediterraneo centrale.

Va detto che mentre Bruxelles discute di migration compact, un nutrito numero di associazioni chiede all’Unione europea di fare un passo indietro proprio rispetto al piano messo a punto da Jean Claude Juncker. «Così com’è i piano aumenterà le violazioni di diritti umani, produrrà respingimenti, creerà condizioni per cui gli aiuti allo sviluppo diventeranno aiuti alla repressione », ha spiegato ieri il presidente di Amnesty international Italia Riccardo Noury in una conferenza stampa alla quale hanno preso parte anche Caritas, Medici senza frontiere, Concord Italia e Arci. «Vogliamo che venga chiusa questa stagione di iniziative europee che non hanno funzionato» ha detto il vicepresidente dell’Arci, Filippo Miraglia. «In Turchia stiamo dando soldi e rafforziamo un dittatore, aumentando il numero dei turchi e degli oppositori che cercherà di arrivare in Europa».