Stamattina, Laurent Fabius, Frank-Walter Steinmeier e Rodoslaw Sikorski, ministri degli esteri di Francia, Germania e Polonia – i tre paesi del «triangolo di Weimar» – sono a Kiev, poche ore prima del consiglio dei responsabili degli esteri dei 28 a Bruxelles, convocato l’urgenza sull’Ucraina. A Bruxelles ci vorrà l’unanimità per prendere decisioni e non sarà facile: Angela Merkel, finora molto dubbiosa sulle sanzioni, sembra aver cambiato idea, mentre il governo inglese, malgrado la condanna della repressione, non ha precisato se voterà a favore. Per Catherine Ashton, l’Alta rappresentante della politica estera della Ue, oggi saranno esaminate “tutte le opzioni”, a cominciare da sanzioni mirate, delle misure restrittive sui visti e il congelamento dei beni dei responsabili delle violenze del governo ucraino.

L’Unione europea continua a chiedere a Kiev la formazione di un nuovo governo aperto all’opposizione, una riforma costituzionale e la convocazione di elezioni trasparenti, ma per il momento ha messo tra parentesi l’accordo di associazione, che il governo di Kiev aveva respinto alla fine dello scorso anno su pressione della Russia. Ieri, la Bei ha congelato l’attività in Ucraina. A Parigi, alla conclusione del consiglio dei ministri congiunto franco-tedesco, Angela Merkel e François Hollande hanno condannato le violenze, «atti inqualificabili, inammissibili, intollerabili» per il presidente francese, mentre la cancelliera tedesca si è detta vicina agli «uomini e donne che soffrono» a Maidan. La feroce repressione metterà d’accordo i paesi della Ue su un programma minimo di sanzioni? Restano forti divisioni tra i paesi membri su come affrontare la crisi ucraina. Catherine Ashton ha tentato la strada della mediazione, che non ha però impedito la repressione.

La Polonia vorrebbe più decisione da parte di Bruxelles, ma Francia e Germania finora hanno frenato. Alcuni paesi dell’est hanno dei dubbi sull’efficacia di una politica più dura di Bruxelles, evocano l’esempio della Bielorussia, con la quale era stata scelta questa strada e il risultato era stata un’accresciuta repressione dell’opposizione. Lettonia e Slovenia temono conseguenze economiche nel caso di un braccio di ferro tra Bruxelles e Kiev. La Germania e la Francia sono molto attente alle relazioni con la Russia. Putin ha già denunciato l’ingerenza degli occidentali. Il ministro deli esteri, Serguei Lavrov, ha messo in guardia la Ue affermando che sull’Ucraina il rapporto Mosca-Bruxelles sta arrivando al «momento di verità».

La Ue non ha molto da offrire a un’Ucraina riformata: non certo un intervento finanziario che possa contrastare i 15 miliardi di dollari promessi dalla Russia (oltre a un’energia a basso costo). La Francia è ostile alla sola evocazione di un possibile allargamento della Ue all’Ucraina. La Germania è in primo piano nella gestione della crisi. Ma Berlino resta particolarmente attenta alle relazioni con Mosca. Mentre Ashton rifiuta il «dialogo a tre» Kiev-Bruxelles-Mosca, la Germania pensa che non ci sia via d’uscita possibile senza un’intesa con Putin. Il nuovo ministro degli esteri, Steinmeier, è molto vicino all’ex cancelliere Gerhard Schröder, che adesso fa affari con la Russia di Putin. Ma al tempo stesso, Berlino è stata molto attiva in questo periodo, invitando degli esponenti dell’opposizione.