Colpo di acceleratore per l’Europa della salute, dopo l’effervescenza creata dalle informazioni sull’avanzamento della ricerca sui vaccini anti-Covid. Ieri, la Commissione ha fatto un primo passo verso la costruzione di un’Unione sanitaria, con la proposta di un programma per realizzare un maggior coordinamento in questo settore tra gli stati membri e rafforzare gli strumenti di sorveglianza attraverso le agenzie (Ema per i medicinali, Ecdc per il controllo delle malattie e la prevenzione, e Hera – Health Emergency Response Authority – che dovrebbe nascere entro la fine del 2021). Le proposte sono state bene accolte dai gruppi politici al Parlamento europeo, che oggi vota su questo.

INTANTO, BRUXELLES ha autorizzato l’acquisto di 200 milioni di dosi (con un’opzione per altri 100 milioni) del vaccino della Pfizer-Biontech (Usa-Germania). La prossima settimana dovrebbero venire forniti i dati a conferma della promessa di efficacia al 90% di questo vaccino, per permettere all’Agenzia europea dei medicinali (Ema) di approvarlo e così recuperare il ritardo che ha accumulato rispetto a Gran Bretagna e Usa per trasformare le opzioni in ordinazioni definitive.

Le 300 milioni di dosi saranno prodotte in Europa, in impianti in Belgio e in Germania. Un maggior coordinamento tra i 27 dovrebbe evitare i disordini e la corsa all’accaparramento che ha caratterizzato i primi mesi del Covid, per le mascherine, i guanti, i camici e anche i vaccini, poiché alla fine della scorsa primavera i paesi si sono mossi in disordine, la Germania è entrata nel capitale di Curevac, la Francia si è accordata con Sanofi, quattro paesi (tra cui l’Italia) hanno concluso opzioni con AstraZeneca, prima che la Ue riprendesse la mano e firmasse pre-contratti con AstraZeneca (Gran Bretagna-Svezia), Johnson & Johnson (Usa) e Sanofi-Gsk (Francia-Gran Bretagna), oltre che opzioni con Curevac (Germania) e Moderna (Usa).

C’È POI IL PROBLEMA della logistica, il vaccino della Pfizer deve essere conservato al freddo, meno 80° in modo ottimale, e mancano le strutture per il trasporto e l’immagazzinamento. I paesi devono anticipare, prepararsi, collaborare, mentre con il Covid la cooperazione all’inizio è stata ai minimi. Resta la concorrenza sfrenata tra i laboratori della Big Pharma, perché anche se c’è business per tutti sul medio-lungo periodo (7 miliardi di umani da vaccinare), chi arriva primo avrà vantaggi. All’Institut Pasteur, per esempio sono in ritardo, ma sperano di essere «la tartaruga della favola nella corsa con la lepre».

OGGI PRIMA DEL VOTO, l’Europarlamento discute di equo accesso ai vaccini con la commissaria alla Sanità, Stella Kyriakides, che ieri però ha messo le mani avanti: «Troppo presto per avere un calendario» di vaccinazioni.

Di vaccini e di equo accesso i leader mondiali discutono da ieri anche al Paris Peace Forum, la Davos della cooperazione internazionale giunta alla terza edizione, con la presenza (reale o in video) di una cinquantina di capi di stato e di governo e di dirigenti di grandi organizzazioni internazionali o fondazioni, da Angela Merkel, Antonio Guterres (Onu), Kristalina Georgieva (Fmi), Ursula von der Leyen (Commissione), a Tedros Adhamon Ghebreyesus (Oms) e Melinda Gates. Particolare attenzione per l’Act-Accelerator (Acces to Covid Tools), il meccanismo che dovrebbe garantire una distribuzione equa dei vaccini nel mondo. Il presidente del Paris Peace Forum, Pascal Lamy (ex presidente della Wto ed ex commissario europeo) spiega che il problema dei vaccini sarà la distribuzione nei paesi del sud del mondo: c’è la questione dell’“ultimo miglio”, cioè la mancanza di strutture a livello locale, ma prima ancora manca la condizione necessaria dei finanziamenti per un’equa distribuzione. «Ci vorrebbero 20 miliardi di euro e a tutt’oggi ne mancano 15», si allarma Lamy, ricordando che «il mercato delle armi vale 2mila miliardi».

MEDICI SENZA FRONTIERE ha denunciato ieri la mancanza di trasparenza che circonda i vaccini: in Europa sono stati investiti 12 miliardi di euro di fondi pubblici per 6 vaccini ma «gli accordi commerciali, i dati e i costi della sperimentazione rimangono segreti», mentre sarebbero «informazioni cruciali per negoziare prezzi accessibili e valutarne sicurezza e efficacia».

L’Europa dovrà anche affrontare la questione dello scetticismo. In certi paesi, Francia in testa, stando ai sondaggi la metà della popolazione è scettica e non ha intenzione di vaccinarsi. Yannick Jadot, leader dei Verdi (dove c’è una forte corrente no vax) ha affermato che il vaccino dovrebbe essere «obbligatorio». Ma un virologo belga, Marc Marc Van Ranst, sostiene che sarebbe «la cosa peggiore da fare», perché è una decisione che «manda cattivi segnali», mentre i sondaggi dicono che il 50% accetta di vaccinarsi, il 17% è decisamente contrario e il 33% dubbioso: l’obiettivo è convincere questo terzo indeciso, senza forzare, per non accrescere la diffidenza.