Dopo la débâcle libica l’Unione europea cerca adesso di trovare un ruolo da protagonista nella crisi mediorientale. Venerdì i ministri degli Esteri dei 28 si riuniranno a Bruxelles per un vertice straordinario durante il quale verrà fatto il punto sulla crisi che si è aperta con Iran e Iraq da quando un raid americano ha ucciso il generale Qassem Soleimani e dopo la decisione di Teheran di uscire dall’accordo sul nucleare del 2015. La riunione sarà l’occasione per discutere anche di Libia, per quanto l’Europa sembra ormai non avere più alcun ruolo dopo che lo stesso premier libico Fayez al Serraj ha definito «inutile»la missione nel Paese nordafricano del capo della diplomazia Ue Josep Borrell e dei ministri degli Esteri di Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia e dopo che un portavoce della commissione Ue ha addirittura affermato che «non è stata annunciata alcuna missione».

L’iniziativa di venerdì potrebbe però rappresentare l’ultima chance per l’Europa per tornare a far sentire la sua voce. Iniziativa resa più forte dall’invito che nei giorni scorsi sempre Borrell ha rivolto al ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif a recarsi a Bruxelles nella speranza di convincere l’Iran a una marcia indietro sul nucleare. La ripresa della corsa alla bomba atomica da parte di Teheran preoccupa ovviamente gli europei, per i quali «la piena attuazione dell’accordo sul nucleare da parte di tutti ora è più importante che mai per la stabilità regionale e la sicurezza globale». L’unico modo per impedire che scenari catastrofici possano realizzarsi in futuro – coinvolgendo inevitabilmente anche i soldati dei Paesi Ue presenti sul territorio – è quindi provare a mediare tra Usa e Iran, magari utilizzando quei «canali di comunicazione molto robusti», come li ha definiti la presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen, che Bruxelles è certa di avere con quasi tutti gli attori della regione. Ora «è il tempo della diplomazia» ed è nell’interesse di Teheran e di Baghdad «percorrere la via della saggezza e non dell’escalation», ha detto von der Leyen convocando anche lei per domani una riunione straordinaria della commissione.

Il problema è che nonostante le buone intenzioni e il tentativo di agire con una voce sola, l’Unione europea neanche questa volta riesce a nascondere le sue divisioni. Con Paesi che scelgono di muoversi in proprio e con posizioni diverse tra gli stessi Stati membri. E’ il caso di Francia e Germania che con la Gran Bretagna fin dall’inizio si muovono autonomamente rispetto agli altri. Al punto da preparare un comunicato congiunto firmato dalla cancelliera Merkel, dal premier britannico Johnson e dal presidente francese Macron in cui, oltre a sottolineare l’«urgenza di una de-escalation», si condanna il «ruolo negativo» dell’Iran nella regione, invitando Teheran «ad astenersi da ulteriori azione violente». Una posizione più filo Trump che sembra essere condivisa anche dalla von der Leyen ma non, ad esempio, da altre capitali più attente alle ragioni di Teheran. «Alcuni Paesi sono apertamente dalla parte degli Usa perché tengono alle relazioni transatlantiche. Altri sono comprensivi nei confronti dell’Iran dove hanno interessi economici», spiegava ieri a Bruxelles una fonte diplomatica.

La crisi Iran-Iraq, ma anche quella libica, sono state al centro di una telefonata che il premier Conte ha avuto ieri con la cancelliera Merkel e nel corso della quale – sottolinea palazzo Chigi – è stata ribadita l’importanza di un «impegno a favore della stabilizzazione della regione e del contrasto al terrorismo nel rispetto della sovranità irachena». Per la Libia, invece, si sarebbe ribadita l’importanza di una soluzione politica in vista della conferenza di Berlino. Conferenza che, va detto, al momento sembra in realtà sempre più in forse.