A fare un indiretto fact checking alle parole di Di Maio pronunciate mercoledì alla camera sulla modifica del Memorandum con la Libia non sono solo i venticinque parlamentari che chiedono di stracciare l’accordo. A farlo, indirettamente è la stessa Commissione europea. A parlare è Natasha Bertaud, portavoce dell’organismo. Il memorandum, spiega, è «una questione bilaterale» tra i due paesi contraenti. Quanto invece alle notizie di stampa su eventuali hotspot gestiti anche dalla Ue per svuotare i lager, l’Unione non ha approvato nessun piano per la Libia. E su questo versante non intende procedere: «Un piano non esiste, non c’è alcuna intenzione che questo piano esista in futuro. Non ci sono le condizioni in Libia per considerarla un paese sicuro». Parole chiare. Del resto non potrebbe essere che così dopo i molti rapporti degli organismi internazionali su quello che succede nei lager libici, nelle acque della autoattribuita zona Sar (ricerca e salvataggio). E nella Libia attraversata da una sanguinosa guerra civile.

RISPONDENDO a un’interrogazione del Pd, il ministro degli esteri aveva annunciato la road map del governo per la modifica del memorandum: l’intenzione è di «favorire un ulteriore coinvolgimento dell’Onu, della comunità internazionale e delle organizzazioni della società civile per migliorare l’assistenza ai migranti salvati in mare e le condizioni nei centri», «Il governo sta già lavorando con l’Unhcr, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni e la Commissione europea per migliorare la situazione dei diritti umani nei centri».

IN SOSTANZA LA COMMISSIONE replica che per un accordo di collaborazione con la Libia non ci sono le condizioni.

SULLA VICENDA il governo sembra brancolare nella nebbia. Il piano di nuovi hotspot «rivelato» dalla stampa è stato smentito. Il premier Conte assicura che margini per cambiare l’accordo ci sono. Sceglie però la metafora più infelice: «È un memorandum che ha posto le basi per una cooperazione, per contrastare l’immigrazione clandestina e il traffico di esseri umani, quindi di gestire meglio i flussi migratori e non può essere gettato a mare». Sarà cambiato, «alla luce di quanto accaduto in questi anni, anche per rimediare a qualche aspetto che non si è rivelato soddisfacente».

IN REALTÀ CI SAREBBERO I MARGINI per stracciare tutto, spiega Erasmo Palazzolo (Leu): «L’articolo 5 del testo recita che le parti si impegnano ad applicare il memorandum ‘nel rispetto degli obblighi internazionali e degli accordi sui diritti umani di cui i due paesi siano parte’. E la Libia ha ripetutamente violato i diritti umani, come ormai universalmente e formalmente riconosciuto».

ANCHE A PRENDERE per buone le parole del ministro e del presidente, il governo non è ancora in grado di indicare le modifiche agli accordi, ormai richieste da tutti, persino dall’ideatore e primo attore del memorandum, Marco Minniti, ministro degli interni all’epoca del governo Gentiloni. Nicola Fratoianni, di Leu, chiede un vertice di maggioranza sulla questione. Il Pd insiste sulla necessità di mantenere il memorandum, anche se modificato. La viceministra degli Esteri Marina Sereni annuncia a Radio Popolare che il primo passo viene fatto in queste ore: «Prima del 2 novembre partirà una nota del ministero degli Esteri che chiede l’insediamento della commissione mista italo-libica per introdurre queste modifiche». Il referente governativo libico, in piena guerra civile, risponderà? Le modifiche andranno concordate entro i primi di febbraio, scadenza dei termini. A gennaio andrà invece in aula il decreto missioni, con eventuali finanziamenti- La componente di Sinistra italiana, nel gruppo Leu, annuncia già il suo voto negativo. Altri parlamentari firmatari dell’appello a Conte, potrebbero farlo.

C’È INFINE UN ALTRO ASPETTO che dovrebbe essere determinante nella modifica del memorandum. Il testo dell’accordo è noto.È invece secretato il «rapporto sulla valutazione complessiva delle capacità operative dei libici nelle operazioni di salvataggio». Ne ha svelato l’esistenza l’Espresso lo scorso settembre, ne è scaturita un’interrogazione parlamentare a prima firma di Palazzolo che ne chiede la desecretazione. Dal rapporto, spiega il deputato, «sembra emergere che non sarebbe mai esistito un vero centro di coordinamento dei soccorsi libico, tanto che nella lettera (…) inviata dalla Commissione europea al comando generale delle capitanerie di porto italiano, si fa riferimento ad una ‘futura installazione del centro libico di coordinamento dei salvataggi marittimi’».

IL SOSPETTO è che ci si trovi di fronte ad una struttura fantasma. «In questo caso sarebbe legittimo chiedersi chi, fino ad oggi ha coordinato sul campo le azioni delle motovedette e chi sia al comando delle azioni di ‘contenimento’ dei migranti operate dalla Guardia costiera libica».