“Abbiamo cominciato ad immaginare cose impossibili“: così Daniele Roccato racconta gli inizi, dieci anni fa, del progetto Ludus Gravis, nato grazie al suo incontro con lo scomparso Stefano Scodanibbio. Otto contrabbassi, un assetto unico, alla ricerca di infiniti suoni ancora da scoprire. Come quelli simili ad ance celesti o ad un ritmico respiro di Minima Colloquia- Vilma’s Memories, dove le ombre di Johann Sebastian Bach e Steve Reich si incontrano intonando un canto all’estasi della ripetizione, guardando il pianeta e le cose umane da distanze al tempo stesso intime e siderali. “Non c’è nessuna idea di storia lineare nella mia testa, la storia è solo un modo di mettere in ordine le cose, poi nella pratica tutta la musica è musica contemporanea, perché si può ascoltare solo adesso.“ Prima di questi sei minuti che schiudono universi, Roccato, sempre in solo, apre il concerto alla Rocca Brancaleone per il Ravenna Festival con Mantram di Giacinto Scelsi, un brano del 1967 che evoca un Oriente imprendibile.

UN ENIGMA senza soluzioni Mirage:The Dancing Sun di Sofia Gubaidulina, per otto contrabbassi, tra stridori e bagliori, come un passaggio dantesco prima di uscire a riveder le stelle, dopo essersi tuffati a capofitto in un vortice acustico che non lascia scampo, denso di veglie, agguati, minacce, fughe in alto ed in avanti incuranti del sole che abbaglia. Polifonie che paiono arrivare da un futuro antico, radici divelte dalle viscere della terra per cercare la sostanza minerale del suono, esplorazioni degli angoli inaccessibili dove nascono la luce, dove finisce il silenzio, che in quanto tale è perfetto: serve allora molta cautela nell’infrangerlo. Sembra farsi movimento e filosofia questa idea nei gesti preparatori di Roccato e nelle movenze coreografiche dell’ensemble, che con Altre isole di Francesco Antonioni sonda geografie e psicologie. Il demone che guida il processo creativo può portare a scrivere per uno strumento che ancora non esiste, come nell’Ottetto di Scodanibbio: sfregamenti, svelamenti, il battito di un cuore inesorabile e intraducibile, poesia distillata come un veleno necessario, tra gravità e rarefazione, vette e abissi, in un altrove imprecisato dove prende fuoco la visione. Un pezzo fluviale che regala rivelazioni, convulsioni, spasmi, attese, incanti, per poi chiudersi con un tono sostenuto che sale ad un altro cielo.