Sono 600 i soldati americani pronti a sbarcare nei paesi baltici. E ieri il ministro degli esteri russo Lavrov ha ricordato la Georgia e il 2008. La situazione in Ucraina peggiora di ora in ora.

Che l’accordo di Ginevra fosse precario, insufficiente e formalmente inutile, lo si era intuito fin da subito; di sicuro a una settimana dalla firma del negoziato a quattro, la situazione in Ucraina si è fatta ancor più tesa. Nessuno dei punti di Ginevra è stato rispettato, anzi: i filorussi hanno subito respinto il trattato (confermando il referendum per l’indipendenza l’11 maggio), in quanto non invitati a discuterne, mentre Kiev oltre a non procedere al disarmo dei gruppi paramilitari, ha ripreso fin da subito le attività militari «anti terroristiche» a est, «riconquistando» la città di Sviatogorsk. «La fase attiva delle operazioni è in corso», ha detto il primo vice premier ucraino Vitaly Yarema, ricordando che la ripresa è stata decisa dopo che ieri, a Slaviansk, erano stati ritrovati alcuni cadaveri «brutalmente torturati», tra cui quello di un politico locale e sottolineando di avere «garanzie» al riguardo dagli Stati uniti. Non solo, perché Usa e Russia hanno messo il carico, dopo la visita del vicepresidente americano Biden a Kiev (ennesima presenza di Washington in Ucraina dopo Kerry e il capo della Cia Brennan) e dopo una conferenza televisiva durante la quale Lavrov ha ricordato il precedente georgiano.

E proprio dagli Usa, con Obama appena giunto in Giappone, pare si voglia sottolineare l’interesse e l’importanza dell’Ucraina, specie per il futuro Nato, approfittando anche di una clamorosa assenza dell’Unione europea. Bruxelles del resto ancora ieri ha ribadito «l’appello al rispetto dell’accordo siglato a Ginevra la scorsa settimana per l’allentamento della tensione», sostenendo che l’Ucraina avrebbe dato segnali di attuazione dell’accordo. Quali non si sa, visto che ancora ieri Kiev ha confermato la ripresa delle attività militari a est. Approfittando di questa difficoltà europea, ieri Washington ha annunciato l’invio di 600 soldati nelle zone del Mar Baltico, di cui 150 sono già arrivati in Polonia, per esercitazioni militari. È chiaro l’intento degli Usa di mantenere fede alle parole rivolte da Biden al premier e al presidente dell’Ucraina di Majdan: un sostegno politico, economico e se necessario, anche militare.

Del resto anche le telefonate tra i leader pare servano a poco. Ieri è stato il turno dei due capi delle diplomazie, Kerry e Lavrov: nel corso di una conversazione telefonica il segretario di Stato americano «ha esortato con forza la Russia ad abbassare i toni della escalation retorica, impegnarsi sul piano diplomatico nella parte est della repubblica trattando con l’Osce e con il governo ucraino e a chiedere pubblicamente a quanti hanno occupato edifici pubblici a est di deporre le armi in cambio dell’amnistia».

Lavrov, ha reso noto il ministero degli Esteri russo a Mosca, ha sottolineato come sia l’Ucraina a dover adottare misure urgenti per garantire l’attuazione degli accordi di Ginevra. Lavrov non si è limitato a questo, perché nel corso della giornata, attraverso un’intervista alla televisione Russia Today, ha specificato che «se i nostri interessi, i nostri interessi legittimi, gli interessi dei russi saranno attaccati direttamente come per esempio è accaduto nell’Ossezia del sud, non vedo altro modo che rispondere, nel rispetto del diritto internazionale». Il richiamo alla Georgia del 2008 non ha certo contribuito a placare gli animi. Lavrov ha infine accusato apertamente gli americani «di condurre lo spettacolo in Ucraina». Secondo il ministro degli esteri di Mosca «è abbastanza eloquente che le autorità ucraine abbiano scelto il momento della visita del vice presidente Usa per annunciare la ripresa di questa operazione militare perché il lancio di questa operazione è avvenuto immediatamente dopo la visita a Kiev del direttore della Cia John Brennan». Il capo della diplomazia russa ha quindi affermato che la situazione in Ucraina «è solo un altro esempio» della volontà di Washington di guadagnare terreno «nella lotta geopolitica».

Infine, dalle regioni orientali è arrivata la conferma del «sequestro» di un giornalista americano (di Vice.com), annunciato anche dai filorussi nel tardo pomeriggio. Al riguardo è ipotizzabile un nuovo caso internazionale: come riporta l’Ansa, «il reporter americano Simon Ostrovski, che ha anche la cittadinanza israeliana, si trova in condizioni soddisfacenti. Lo ha riferito il capo degli insorti filorussi di Sloviansk, Viaceslav Ponomariov, dopo aver confermato il suo sequestro come presunta spia di Pravi Sektor».