L’origine del male ed il suo attestarsi nel mondo, pur negli orientamenti diversi che contrassegnano le interpretazioni bibliche e, in distinti filoni, la letteratura neotestamentaria e la molteplice elaborazione cristiana dei primi secoli, si rappresenta nella vicenda che vede protagonista l’arcangelo Lucifero.

È l’argomento della tragedia Lucifer di Joos van den Vondel (1587-1679), rappresentata per la prima volta ad Amsterdam il 2 febbraio del 1654: Gabriele araldo di Dio annuncia agli angeli “il mistero della Incarnazione futura, per cui Dio unisce la sua natura non a quella dell’angelo, bensì a quella dell’uomo e dona ad ambedue pari potenza e maestà. Allora Lucifero, invidioso, decide di divenire simile a Dio ed impedire all’uomo l’accesso al cielo. Vinto, trascina nella rovina, per vendetta, il primo uomo ed i suoi discendenti, mentre egli e i suoi angeli ribelli, precipitati nell’Inferno, sono dannati per sempre”. Il mondo che nel sesto giorno della creazione, come si legge in Genesi, Dio contempla compiacendosi nel costatare che “le cose che aveva fatto erano molto buone”, è incrinato nelle fondamenta.

Del resto, “il male, scrive Tullio Gregory, che nel Genesi si manifesta nella tentazione del serpente (creatura di Jahvè, ‘astuta’ ma senza caratteri demonici) e nell’infrazione di Eva e di Adamo, doveva trovare un più ampio scenario, tale da coinvolgere tutta la creazione. All’origine del male, continua Gregory (cito da Il principe di questo mondo. Il diavolo in Occidente), non poteva porsi solo la disobbedienza della prima coppia umana a un comando divino, ma una più profonda crisi nell’ordine creato da Jahvè”. Intendo porre in rilievo un aspetto del capolavoro di Vondel, come egli cioè rappresenti il tema del male facendo costante ricorso a panorami di cieli, còlti nelle loro straordinarie mutazioni. Non per caso Walter Benjamin allude ad una influenza di Vondel quando registra che “anche nel dramma barocco tedesco lo spettacolo della natura entra sempre più sulla scena drammatica”.

Mi limito a due esempi. Il secondo atto della tragedia si apre con il lamento di Lucifero, insidiato dall’uomo nel suo rango presso Dio. La diminuzione della sua forza, compromessa dalla presenza nel creato dell’uomo, induce Lucifero a trattenere gli spiriti alati, dicendo loro: “avete portato abbastanza in alto la stella del mattino di Dio. Cessate di ornare di ghirlande e corone le vesti di Lucifero; non indorate più la sua fronte d’una aureola di stelle mattutine e di raggi. Un altro fulgore s’innalza dal seno della luce divina ed offusca la nostra, così come il sole offusca, agli abitanti della terra, lo splendore delle stelle.

Una notte profonda copre gli angeli e tutti i soli dei cieli”. La stella del mattino portatrice della prima luce appare velata ora che Lucifero pronuncia le sue parole dolenti. Con esse si appanna la limpidezza del cielo e la chiara luminosità pare scemata. Il suo inarrestabile diffondersi risulta impedito da una sospensione che ne inibisce l’espandersi e preclude alla potenza dell’arcangelo la sua incontrastata estensione.

Se non l’Empireo, sede di Dio, ora i nove cieli concentrici che, retti dalle gerarchie angeliche si muovono in svolgimenti ordinati, sono attraversati da una oscillazione, da un ignoto tremore. Non così ad apertura del dramma, quando ancora non è nota agli angeli la decisione divina e Lucifero invia Apollione sulla terra perché riporti notizie “circa la sorte felice di Adamo e la situazione in cui l’Onnipotente l’ha posto”. L’inviato ritorna: “già si alza rapidamente sotto i nostri occhi e attraversa l’un dopo l’altro i cerchi dell’Empireo.

Il suo volo è più rapido del vento, e dappertutto le sue ali fendono le nubi, lasciandosi dietro una lunga scia di luce spendente. Già lo circonda un’aria più pura, già egli si immerge in questa fulgida luce; già vede questo sole ultrasplendente i cui raggi giocano in una sfera d’azzurro”. Vondel insiste in una descrizione naturalistica dei cieli. Così scenari che ti sono consueti – le mutazioni della volta celeste per variare di nubi e di luci, l’alternarsi delle albe e dei tramonti, del pieno sole e delle notti illuni – ti si offrono come ragionamenti compiuti sul male del vivere.