Inquieto, cinico e impulsivo, il signor C. cammina per la città di Istanbul alla ricerca dell’amore, sebbene qualcosa gli impedisca di realizzare questo sogno segreto. Ha alle spalle un rapporto ostile con suo padre e uno morboso con la zia che, allontanandosi da lui, soffoca ogni possibile incontro con le donne trasformandolo in un malinconico déjà vu.
C. è il protagonista de Lo Sfaccendato (trad. di Rosita D’Amora e Semsa Gezgin, Calabuig, pp. 208, euro 18) primo, illuminato, romanzo del narratore e sceneggiatore turco Yusuf Atılgan, scomparso nel 1989 all’età di 68 anni.

AYLAK ADAM – titolo originale del libro – venne editato per la prima volta nel 1959, suscitando reazioni contrastanti nel pubblico turco degli anni Cinquanta: è un testo che affronta questioni psicologiche come la solitudine, il senso della vita, ma anche la ricerca dell’amore e l’ossessione. Definito uno dei pionieri del romanzo contemporaneo turco, Atılgan ha dato vita a personaggi memorabili intervenendo su uno stile letterario classico reso innovativo dal suo personale tocco: lunghi periodi descrittivi si alternano a frasi icastiche e digressioni racchiuse da parentesi.

Citato dal Premio Nobel Orhan Pamuk come uno dei suoi maestri, Atılgan è spesso accostato a William Faulkner per la complessità della scrittura e l’utilizzo frequente del flusso di coscienza – tipico del drammaturgo statunitense. Ma a ben leggere tra le pieghe de Lo Sfaccendato, il paragone più immediato e – solo apparentemente banale – è quello con Lo straniero di Albert Camus: stesse tematiche esistenzialiste, l’assurdità della condizione umana e l’amore cinico per l’altro sesso.

Medesime atmosfere rarefatte e un po’ oniriche. L’intreccio tra la storia – che dura solo 4 stagioni (come i quattro capitoli del libro: Inverno, Primavera, Estate e Autunno) – e l’impronta narrativa di Atılgan costruiscono una spirale fatta di ricordi e presente che si districa tra le vie mal frequentate della periferia istanbuliota e sordidi cinema trasformati in luoghi per appuntamenti sessuali.

Lo sfaccendato è un testo impegnativo, non solo dal punto di vista letterario ma anche e soprattutto umano: il lettore sperimenta la convivenza con un personaggio irritante ed egoista che ha nei confronti delle sue potenziali amanti un comportamento che nessuno auspicherebbe in un rapporto sentimentale.

L’ANONIMO PROTAGONISTA de Lo Sfaccendato è possessivo e al tempo stesso distaccato; appare convinto di trovare soltanto in una donna la chiave per vincere la sua incapacità di relazionarsi con i propri sentimenti dominati dall’ira e dalla necessità di un contatto talmente diretto da risultare quasi invadente. Con questo libro, Atılgan chiede a chi legge uno sforzo di comprensione nei confronti di un uomo solo e ossessionato, schivo ma terribilmente bisognoso di legami.

Pienamente simbolico ed evocativo, l’uso della punteggiatura che pone quasi in secondo piano lo sviluppo della storia: proprio come se ripercorresse le contorsioni di una mente tormentata.
Uno dei meriti della sua narrativa è quella di riuscire a ricostruire i quartieri di Istanbul, a riprodurre gli odori dei cibi e delle bevande tradizionali turchi e rievocare come fotogrammi nitidi le passeggiate sul Bosforo.
Di Atılgan, già nel 2015, la casa editrice Calabuig aveva tradotto e pubblicato Hotel Madrepatria, del 1973, un romanzo colmo di riferimenti al costume locale, che riconferma la densità del racconto introspettivo e individuale dei personaggi.