In uno dei suoi millanta traslochi, Luciano – ma noi del suo inner circle affettivo lo chiamavamo Luke sin dai tempi del primo Star Wars in omaggio al protagonista Skywalker- mi regalò un autarchico album di figurine di calciatori, serie A anno 1962, fatto tutto di foto a colori, in epoca pre-Panini, il suo prezioso tesoro da bambino.

PROPRIO LUI impavido cuore granata, tifosaccio giramondo e orgoglioso nipote di un arbitro (di cui custodiva gelosamente il tesserino d’identificazione datato 1919) voleva consacrare così un’amicizia partita col piede sbagliato. Telefonò in redazione chiedendo aiuto a me e Teresa De Santis per una panoramica sulla musica brasiliana da inserire in una guida turistica che stava terminando ma ottenne solo rifiuti.

Era già dotato di calorosa parlantina, consolidata dal suo arrivo a Roma, nella redazione del mensile Gambero Rosso, ormai staccato dal Manifesto, dove organizzava con bravura e originalità la sezione Viaggi e Turismo, senza disdegnare incursioni alcoliche, da esperto bon vivant qual era, raccontando ogni genere di cocktail (ne farà anche un libro, ne ha fatti nascere quasi un centinaio tra autore, editor, consulente, direttore editoriale).

Faceva parte di quella generazione nata negli anni cinquanta che aveva prima esplorato il mondo e poi l’aveva fatto diventare un mestiere. Il suo tratto caratteristico- essere una fucina di idee, cullare progetti, impegnarsi a fondo nel realizzarli- superava ogni genere di difficoltà.

Consapevole e scaltro, combattente indomito con una disinvolta empatia che incuriosiva un po’ tutti, persino il giovane trio nativo americano Ulali, incontrato nei camerini del Palasport di Agrigento, che ci concessero l’intervista, incantate dalla sua abilità nel preparare sigarette “naturali” e non industriali, rollando al meglio tabacco e cartine. È l’immagine che conservo fissa nella retina, insieme all’umorismo diretto e al suo bicchiere di birra, il carburante quotidiano di cui però poteva tranquillamente fare a meno, come mi confessò dopo una prima importante operazione chirurgica.

GIORNALISTA tout court, in grado di buttarsi nel mare ampio delle collaborazioni con determinazione e fine intelligenza, continuando a scrivere brillantemente su mensili e testate diverse (i suoi reportage sono stradocumentati e ancora smaglianti), tanto da avere attraversato anche l’epoca dei service editoriali.

La voce calda l’aveva aiutato anche a lavorare in radio prima a Torino poi a RadioTre dove, da anni, inventava e conduceva programmi d’approfondimento. Chiudere un capitolo della sua vita e ricominciare daccapo non lo spaventava. L’aveva fatto spesso e ci pensava di nuovo con Roberta, la sua affezionata compagna, al fianco.

Salgariano sin da bambino, aveva battezzato “Sandokan, il mensile dei viaggiatori ruggenti” la sua creatura preferita, quella dove il suo sguardo internazionale si adattava perfettamente all’attualità e alle suggestioni culturali da mille e una notte, magazine dalla vita però stentata senza introiti pubblicitari e con le rivoluzioni imminenti, internet e globalizzazione, a togliergli spazio.

DA SEMPRE collezionista di musiche insolite, tradizionali o d’avanguardia, aveva un contagioso entusiasmo infantile di fronte alle nuove scoperte, fossero audiocassette tanzaniane o l’ultimo David Byrne, tanto da imbastire anche una complessa produzione audiovisuale, «Viaggi perduti», luoghi del pianeta impossibili da visitare (per guerre, catastrofi, terrorismo), in cd e dvd, con immagini fornite dalla trasmissione tv Fuori Orario.

Grazie di esserci stato (e graze di avermi insegnato tanto), Luciano, dal finale sfortunato. Ti saluto, col nostro amato eroe western Lucky Luke, che si allontana al tramonto cantando I’m a poor lonesome cowboy… far away from home…(Io sono un povero cowboy solitario…lontano da casa…).

*(I funerali si svolgeranno domani, sabato 17, a Torino al tempio crematorio del cimitero monumentale alle ore 14.15)