Lucia Annibali ha un solo momento di cedimento, ed arriva alla fine dell’incontro di presentazione del film tv che Raiuno manda in onda oggi in prima serata dal titolo, Io ci sono – la mia storia di non amore. Quando le si chiede se teme il momento in cui l’aguzzino che l’ha sfregiata con l’acido, uscirà dal carcere: «Sì, ci penso ma poco. Penso a cose più divertenti e interessanti. Ma mi porrò il problema quando si presenterà». Il suo calvario come donna e la sua rinascita viene raccontata nel film, diretto da Luciano Manuzzi, coproduzione Rai Fiction Bibi Film tv prodotta da Angelo Barbagallo. A interpretarla Cristiana Capotondi, che vediamo nella prima scena durante la degenza nel reparto grandi ustionati dell’ospedale. La vicenda procede poi per flashback; dall’inizio della storia d’amore con Varani ai pedinamenti dell’uomo, passando per le minacce, gli schiaffi e la vendetta che si trasforma in incubo, fino alla terribile vendetta per mano di due sgherri. Oggi Lucia Varani vive a Roma e lavora come consigliere giuridico del ministero delle pari opportunità con una speciale attenzione alla violenza di genere: «Mi addolora – spiega – la facilità con cui vengono compiuti i crimini contro le donne. Bisogna intervenire negli anni della formazione, e offrire a tutti i ragazzi anche esempi maschili che incarnino valori positivi».

L’avvocata di Urbino parla di un percorso difficile, fatto di diciotto interventi chirurgici e di un volto e una vita che non potrà mai essere la stessa: «Quel giorno è nata un’altra Lucia. Ho cercato di trasformare quella ’esperienza’ in qualcosa di positivo per gli altri, perché è importante riuscire a emanciparsi da quello che succede nella vita e donarlo agli altri». Per Cristiana Capotondi: «Aver conosciuto Lucia mi ha cambiato. Lei è un eroe, una persona che ha sfidato il dolore attraverso l’arma dell’ironia. Ha una leggerezza molto difficile da riscontrare in chi ha attraversato percorsi così tragici…».

Il film – che si ispira al libro scritto a quattro mani dalla Annibali e da Giusi Fasano, cerca di far convivere i due aspetti della vita di Lucia riassunti nel titolo; la tragedia (La mia storia di non amore) e la rinascita (Io ci sono): «Su quel pianerottolo in cui si è consumata l’aggressione mi sono trovata di fronte alla morte. So che cosa si prova quando sai che la morte è a fianco a te. Ma in quel preciso momento ho deciso di reagire, ho scelto la vita e non torni più indietro». Una fiction che arriva alla vigilia della manifestazione contro la violenza sulle donne del 25 novembre: «È uno dei lavori più importanti che abbiamo prodotto – sottolinea Tinny Andreatta, il direttore di RaiFiction – perché tratta i temi della violenza e dei femminicidi che la cronaca ci ripropone con statistiche sconvolgenti. Il 31% delle donne fra i 16 e 70 anni ha subito almeno una forma di violenza fisica e sessuale nell’arco della propria vita. Ma gli atti di violenza sono il prodotto più estremo e tragico di una cattiva cultura che riguarda il femminile».

Dentro la vicenda di Lucia il tema emblematico che scatena la violenza, è il possesso scambiato per amore, la mancanza di rispetto verso l’altro: «La storia di Lucia Annibali – prosegue Andreatta – ci è sembrata importante per il messaggio positivo che trasmette. Nonostante il dolore, nonostante la violenza, decide di fare della propria esperienza un esempio per altre donne. E uomini. E proprio a loro consiglio la visione, perché provino davanti a questo film il senso dell’orrore di quello che può essere il proprio atto di violenza». «Molti uomini – chiosa Cristiana Capotondi – non hanno saputo e voluto capire cosa siamo diventate. Gli siamo cambiate davanti agli occhi, e qualcuno non l’ha metabolizzato».