Non si era mai vista la polizia a Lubiana usare lacrimogeni e cannoni d’acqua ma giovedì è successo. Gruppi di giovani e giovanissimi arrabbiati hanno occupato il centro storico della capitale slovena lanciando oggetti, bottiglie, sampietrini, sparando in aria fumogeni, cercando a più riprese lo scontro con le forze dell’ordine. C’erano in mezzo hooligans e negazionisti in una miscela di scontento e di difficile collocazione politica esplosa nelle strade del centro. Auto danneggiate, vetri rotti di un paio di palazzi governativi, distrutte tante bancarelle del mercato. Più di quindici agenti di polizia feriti, una ventina di giovani fermati mentre si esaminano i filmati per nuove identificazioni.

Che non sarebbe stata una serata tranquilla lo si era intuito già dal giorno precedente, quando la polizia, in allerta, si preparava ad affrontare l’annunciato raduno di protesta. L’invito alla manifestazione nel centro della capitale era stato pubblicato sui social network dal gruppo Anonymous Slovenia e la polizia aveva continuato ad avvertire, anche attraverso i media pubblici, che il raduno di persone era vietato e che erano vietati gli spostamenti da un comune all’altro. Come dal decretato lockdown di ottobre. La protesta c’è stata, gli scontri violenti, le strade principali di Lubiana avvolte in una fitta cortina di fumo per ore.

Diverso invece il clima ieri davanti al Parlamento. La polizia è certamente molto più rude da un mese a questa parte, ma la tradizionale manifestazione del venerdì contro il governo di destra del premier Janša ha continuato a raccogliere centinaia di persone. È ormai più di un anno che ogni venerdì una colonna di giovani in bicicletta gira intorno al Parlamento mentre altri manifestanti alzano cartelli di protesta contro la politica e gli atteggiamenti arroganti del capo del governo. Tutto nel nome di un esplicito e gridato antifascismo. Tanto più ieri, dopo che Janša aveva subito inneggiato a Trump e alla sua rielezione, dichiarando a più riprese che la messa in discussione di quella vittoria era solo frutto di imbrogli e truffe. Gruppetti di non più di dieci persone in piazza, distanziamento rigido, mascherine, ennesima manifestazione determinata ma tranquilla, slogan, cartelli, volantini. La polizia in cerchio a far barriera, non si entra e non si esce, fermati e identificati tutti quelli che si avvicinavano, clima comunque teso, sempre di più, da quando sono cominciate a fioccare le denunce per assembramento, manifestazione non autorizzata e tutto quello che la pandemia ha determinato nella gestione dell’ordine pubblico.

Vero è che il dato del contagio da Covid in Slovenia resta drammatico: dopo una situazione di assoluta tranquillità per tutti i primi mesi di quest’anno, da ottobre la situazione si è ribaltata: tra i 1.500 e i 2.000 contagi giornalieri, trenta morti giovedì in un trend pericolosamente stabile, sanità in affanno, numeri pesanti per un paese di due milioni di abitanti.