La buona notizia su questo meraviglioso Snowpiercer diretto dal maestro del cinema fantasy coreano Bong Joon-ho, già presentato in apertura al Festival di Roma e celebrato in patria, al Festival di Busan da Quentin Tarantino ormai sei mesi fa, è che uscirà anche in America in edizione integrale. Cioè senza i venti minuti di tagli richiesti dal potente distributore Harvey Weinstein che avrebbero massacrato il film, un giocattolone da 38 milioni di dollari che dura due ore e 5 minuti.

La cattiva notizia, però, è che Weinstein lo destinerà, in questa versione integrale, solo a poche sale specializzate. Trattandolo quindi da film d’arte, da festival, e non da kolossal milionario. Peccato, perché Snowpiercer, tratto dalla graphic novel francese «Le Transperceneige» di Jean Marc Rochette e Benjamin Legrand, diretto dal leggendario regista di The Host, e co-prodotto dalla Moho Film di Park Chan-wook è quasi un capolavoro tra gli apocalittici violenti. Inoltre, pensato per un mercato globale, cioè Asia + Occidente, ha guadagnato in Sud Corea qualcosa come oltre 60 milioni di dollari e la distribuzione americana lo avrebbe fortemente aiutato. Ma era diventato un caso internazionale lo scontro tra Harvey Weinstein, che oltre a volerlo tagliare pretendeva anche una voce off, e Bong Joon-ho che difendeva ovviamente la sua versione. Attualmente, però, non sappiamo neanche quando uscirà in America.

Comunque vada, la storia si svolge nel neanche troppo lontano 2031 quando il mondo è da tempo precipitato in un freddo glaciale. Gli unici sopravvissuti sono stipati su un treno sempre in corsa a loop attorno al mondo come nel geniale Runaway Train di Andrei Konchalowski, costruito da un miliardario-dittatore, Wilford, Ed Harris, che vede nelle carrozze di testa i ricchi e i poveri ovviamente in coda, costretti a mangiare schifezze e a vivere come bestie. Come spiega bene il primo ministro Mason, una truccatissima Tilda Swinton con i dentoni in avanti, favolosa (e sembra che abbia anche un altro ruolo), dobbiamo pensare al treno come a un organismo umano. La testa comanda e i piedi, sotto, umiliati, ubbidiscono.

Voi siete le scarpe! In mezzo ci sono i militari, che affogheranno nel sangue qualsiasi ribellione. Lotta di classe sia, dunque, tra i miserabili, che hanno un capo carismatico, Gillian, il solito grande John Hurt in versione senza un braccio e senza una gamba, e un più giovane leader, Curtis, il notevole Chris Evans di Captain America, pronto a tutto assieme al più giovane amico Edgar, Jamie Bell e a una mamma coraggio nera, Octavia Spence, in cerca del figlioletto che le è stato rapito come tanti altri bambini. L’idea geniale del fumetto, ripresa da Bong Joon-ho, è proprio quella della descrizione della rivoluzione e della lotta di classe all’interno di questo treno sempre in corsa e l’andare avanti della rivolta. Oltre allo scoprire di cosa è fatto il cibo che mangiano i reietti delle classi inferiori. Quando scoppia la rivolta dalla coda il gruppo di miserabili si sposta di vagone in vagone con l’aiuto di Nam, tecnico impasticcato di kronito, una specie di droga sintetica del futuro, e di sua figlia veggente, che poi tanto veggente non è, il Kang-ho Song di Mr Vendetta e di The Host, visto che si accorge dell’arrivo dei pericoli sempre troppo tardi. Ma il viaggio del gruppo verso la libertà, quindi verso la testa, dove è ben chiuso il padrone, Wilford, con i suoi terribili segreti, è l’essenza stessa del film, con le anime in pena del terzo mondo che di vagone in vagone vedono come in un film la vita dei ricchi occidentali, il cibo che mangiano, le scuole, i medici, le saune.

In qualche modo è una specie di viaggio che accomuna tutti gli emigranti poveri del terzo mondo verso una vita che non hanno mai conosciuto, sapendo solo che sono loro, la coda, a fornire la forza lavoro dei ricchi. Gran filmone fantastico con molte punte politiche che non perde mai nulla della sua forza è anche il primo film girato in inglese per una coproduzione a tre Corea, Francia, America, girato negli studi Barrandov di Praga e in esterni in Austria, e pensato davvero per il mercato occidentale di Bong Joon-ho. Al Festival di Roma non ha avuto, purtroppo, l’attenzione che meritava.