Le buone notizie non aumentano le tirature ma questa vale quanto una doppia pagina di intervista esclusiva a Obama, almeno per i lavoratori del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport. Anche i manager al soldo dei padroni, i più rapaci, quelli che sono pagati profumatamente per tagliare posti di lavoro, ogni tanto sono costretti a piegare la testa. Quasi a chiedere scusa. Del resto c’era aria di battaglia in questi giorni in via Solferino, la storica sede (venduta) del più importante giornale italiano.

A farne le spese – si fa per dire – l’amministratore delegato Pietro Scott Jovane e una ventina di top manager che volevano elargirsi un bonus pari a circa un anno di stipendio per aver fatto risparmiare all’azienda 92 milioni di euro con un piano di ristrutturazione lacrime e sangue che è costato il posto di lavoro a centinaia di dipendenti del gruppo Rcs. Prima licenziano e poi gozzovigliano, l’abc del turbo capitalismo straccione all’italiana.

Ma questa volta è andata a finire diversamente, segno che le minacce di cdr e rsu dei due quotidiani milanesi sono state prese sul serio dalla proprietà. Tanto che l’altra sera l’editore è stato costretto a licenziare un comunicato piuttosto imbarazzato proprio mentre i lavoratori erano riuniti in un’assemblea infuocata: “L’amministratore delegato e la squadra di management hanno deciso di proporre al prossimo consiglio di amministrazione (che si tiene oggi, ndr) di sospendere tale sistema di incentivazione fino al pieno ripristino della profittabilità del Gruppo”. Proposta che sarà accettata, con tante scuse per la procurata indignazione.

Solo dopo questo dietrofront i lavoratori di via Solferino hanno deciso di sospendere tre giorni immediati di sciopero. Ne avevano previsti sette. Vigileranno, dicono. E viene da credergli considerando i toni con cui hanno preso di petto la questione. Roba da scene di lotta di classe nel tempio del giornalismo capitalista italiano, con il direttore Ferruccio De Bortoli disposto ad immolarsi per primo in sostegno dei lavoratori. Inedito assoluto: “La mia testa è qui sul tavolo se passano i bonus”, avrebbe detto ai “bene informati”. La truppa, con toni ancora più inusuali, aveva già suonato la carica con un comunicato sindacale che somiglia a un ciclostile minaccioso.

Per i giornalisti il bonus chiesto da Pietro Scott Jovane & Co. è “vergognoso”, quanto ai vertici del Corriere della Sera, loro vivono sul “pianeta Papalla”, essendo gli unici a non capire in quale grave difficoltà si trova l’Italia. Poi, l’affondo di classe, forse un filino populista, ma troppo condivisibile: “Risulta, dunque, insopportabile il fatto che qualcuno, nei piani alti dell’azienda abbia avuto anche solo l’idea di mettersi a tavolino per escogitare come aumentare le retribuzioni dei vertici, mentre qualche piano più sotto centinaia di dipendenti sono stati dichiarati esuberi”. E se diventasse questa la linea editoriale del Corriere della Sera, allora sì, finalmente, un altro pianeta diverso da Papalla sarebbe possibile.

L’invito alla rivolta è stato apprezzato dal segretario dell’Associazione Stampa Romana, Paolo Butturini: “La lotta dei Cdr e della Rsu della Rizzoli Media Group deve rappresentare un punto di riferimento per tutto il sindacato dei giornalisti che ha bisogno di ritrovare una dimensione di conflitto, anche etico, con gli editori. Una rinnovata centralità e dignità del lavoro giornalistico passano anche attraverso la riaffermazione delle ragioni che sono alla base del patto fra giornalisti e cittadini. Senza quel patto e la sua riconoscibilità, anche nelle dinamiche aziendali, non c’è libertà di informazione, né diritto a essere correttamente informati”.