Lotta al cancro, l’immunoterapia funziona più sugli uomini
Medicina I risultati di uno studio appena pubblicato sull’importante rivista «The Lancet Oncology», firmato da Fabio Conforti e dalla sua équipe dell’Istituto europeo di oncologia di Milano
Medicina I risultati di uno studio appena pubblicato sull’importante rivista «The Lancet Oncology», firmato da Fabio Conforti e dalla sua équipe dell’Istituto europeo di oncologia di Milano
L’immunoterapia anti-cancro è più efficace negli uomini che nelle donne. È quanto rileva uno studio firmato da Fabio Conforti e dalla sua équipe dell’Istituto europeo di oncologia di Milano e appena pubblicato sull’importante rivista The Lancet Oncology. Tuttavia, le differenze di genere non vengono adeguatamente prese in considerazione quando si sperimentano nuovi farmaci e se ne valutano costi e benefici.
CONFORTI E COLLEGHI hanno preso in considerazione venti sperimentazioni su undicimila malati di alcuni tumori, come melanoma e cancro al polmone. Nelle sperimentazioni, le donne coinvolte erano meno di un terzo. Ma negli uomini la riduzione del rischio di morte ottenuta grazie all’immunoterapia è doppia rispetto a quanto avviene tra le donne.
L’IMMUNOTERAPIA è l’ultima frontiera nella cura del cancro. Si tratta di una categoria di farmaci che stimola il sistema immunitario a riconoscere le cellule tumorali e ad attaccarle. In generale, il sistema immunitario nelle donne funziona meglio che negli uomini. Come spiega lo stesso Conforti, in loro si osserva «una più rapida eliminazione degli agenti patogeni, che spiega la minore prevalenza e gravità di molte infezioni, e la migliore risposta ai vaccini. D’altra parte, le donne rappresentano circa l’80% dei pazienti con patologie autoimmuni a livello mondiale». Questa differenza potrebbe spiegare anche la diversa efficacia dell’immunoterapia secondo il sesso. I tumori femminili comportano un rischio di morte inferiore, con o senza l’immunoterapia. Ma quando giungono a uno stadio più avanzato, resistono meglio al sistema immunitario. In entrambi i casi, il beneficio dell’immunoterapia sulle donne ne risulta ridotto.
IN UN COMMENTO pubblicato sulla stessa rivista a firma dell’oncologo Omar Abdel-Rahman dell’università Ain Shams del Cairo, però, i risultati del team di Conforti vanno presi con le pinze. L’efficacia dell’immunoterapia dipende anche dai comportamenti, oltre che dalla biologia. Ad esempio, si sa che tra i fumatori e tra chi non si protegge dai raggi ultra-violetti, l’immunoterapia funziona meglio. Le donne in percentuale fumano meno e usano maggiormente creme protettive, e questa potrebbe essere la causa del minor beneficio dell’immunoterapia. La possibilità, d’altronde, è riconosciuta nello stesso studio dell’Ieo.
QUALUNQUE SIA LA CAUSA, la diversa efficacia dell’immunoterapia non deve sconsigliarne l’uso tra le donne. «Le immunoterapie rimangono la terapia standard per diversi tipi di cancro (…) e non bisogna cambiare i protocolli sulla base dei nostri risultati – sostiene Conforti – Piuttosto, occorre capire come ottimizzare i trattamenti sia per gli uomini che per le donne». Secondo lui, le valutazioni sui costi e i benefici delle immunoterapie andrebbero differenziati per sesso. Ed è necessario aumentare la percentuale di donne incluse nelle sperimentazioni, per evitare il rischio che terapie verificate prevalentemente sugli uomini vengano applicate tali e quali anche sulle donne.
IL PROBLEMA di una medicina sperimentata soprattutto sugli uomini senza tenere conto delle differenze tra i sessi, è molto più ampio e radicato, e attraversa tutti i campi della medicina. Per saperne di più, qualche anno fa Elisa Manacorda e Letizia Gabaglio scrissero un’ottima guida, Il fattore X. Il primo libro sulla medicina di genere scritto dalle donne e pensato dalle donne, per l’editore Castelvecchi.
C’è il rischio, tuttavia, che ricerche come quelle pubblicate su The Lancet Oncology producano effetti controproducenti. Le sperimentazioni sui farmaci vengono avviate quando c’è una maggiore probabilità di successo.
SULLA BASE DEI RISULTATI rilevati allo Ieo, le case farmaceutiche potrebbero escludere dalle sperimentazioni le donne per aumentare le percentuali di successo e accelerare l’approvazione di un nuovo farmaco. «Il rischio c’è – ammette Conforti – ma il nostro lavoro, pubblicato su una rivista così importante, punta ad avere l’effetto opposto. D’ora in poi, le sperimentazioni delle immunoterapie saranno ritenute valide solo se i pazienti coinvolti saranno un campione equo di donne e uomini. E i ricercatori che vorranno pubblicare i loro risultati dovranno rispettare standard di qualità più severi».
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