In una conferenza sul «capitalismo inclusivo», tenuta a Londra, Christine Lagarde direttrice del Fmi ha affermato che il capitalismo è stato «sfregiato» da eccessi che hanno condotto a una massiva distruzione di valori, a una disoccupazione molto alta e a crescenti tensioni sociali accompagnate da disillusione politica. Secondo Lagarde per restaurare la fiducia perduta occorre cambiare le regole del gioco in modo da favorire i più e non i pochi. Si è chiesta quale fosse il fine della finanza, rispondendo: «Evidentemente non è la ricchezza il bene che inseguiamo; perché questa è utile solamente per qualcosa altro». Citando Wilde ha aggiunto: «La vera perfezione dell’uomo non sta in quello che l’uomo ha ma in quello che l’uomo è».

Nella stessa conferenza Mark Carney, governatore della Banca d’Inghilterra, ha ammonito che il capitalismo rischia di distruggere se stesso se il banchieri non comprendono il loro obbligo di creare una società più giusta. I banchieri, ha detto, hanno operato perseguendo solo il loro guadagno personale attraverso un sistema «testa vinco io, croce perdi tu». In mancanza di standard etici aumenta la sensazione «che il basilare contratto sociale che sta nel cuore del capitalismo stia crollando in mezzo a una crescente ineguaglianza». Sono affermazioni tardive ma comunque sorprendenti: Il Fmi e la Banca d’Inghilterra sono santuari del capitalismo e Lagarde e Carney sono membri importanti dell’establishment economico-politico internazionale. Le loro prese di posizione sono espressione della preoccupazione che si stiano creando le condizioni per l’avverarsi della profezia di Carlo Marx: il capitalismo contiene i semi della propria distruzione. Lagarde si è domandata esplicitamente se il «capitalismo inclusivo» sia un ossimoro o un antidoto alla profezia di Marx, propendendo ovviamente per la seconda opzione. La cosa più importante nel suo discorso è il riconoscimento indiretto (la negazione che è ammissione) della natura vera del «capitalismo inclusivo»: un ossimoro vero e proprio destinato prima o poi a scoppiare. Lagarde ha citato uno studio di Oxfam (la confederazione di organizzazioni non governative con sede a Oxford che combatte la fame e l’ingiustizia): le 85 persone più ricche del mondo possiedono un patrimonio uguale a quello della metà più povera della popolazione mondiale. Come farà il capitalismo a includere nel suo sistema le sterminate masse degli esclusi che la sua stessa natura ha determinato? Il capitalismo non è solo un sistema di produzione storicamente determinato o un’ideologia di organizzazione sociale: è anche una psicologia, un modo di sentire e di vivere i propri desideri e emozioni. Senza il tipo di psicologia di massa che promuove, il capitalismo avrebbe da tempo perso il consenso. Si regge sulla mercificazione progressiva di ogni legame e sentimento che trasforma ogni aspetto qualitativo, affettivo in quantità astratte dalla vita vera. Più se ne trae vantaggio più si resta impigliati nei suoi ingranaggi che producono il possesso puro che svuota il suo oggetto. Cosa dà, sul piano della reale soddisfazione, ai «più ricchi del mondo» il loro essere re Mida che trasforma gli oggetti vivi in materiale inerte? Il capitalismo come sistema produttivo non è il male ma lo contiene come seme nel suo grado più elevato: la banalità assoluta descritta da Arendt, la ragioneria della distruzione fredda, anaffettiva che ha già colpito mortalmente senza che se ne traesse una lezione duratura. Se il capitalismo sarà lasciato proseguire nella sua folle corsa distruggendo se stesso distruggerà anche la nostra vita.