Insieme, a tratti odiandosi e cercando di sfilarsi l’un l’altro il pezzo migliore, sono stati i più grandi razziatori della storia: Adolf Hitler (pittore mancato, in odore di vendetta) e il gerarca nazista Hermann Göring (che aveva una fissazione per l’arte, in particolare per Cranach, e per lo sfoggio di ricchezza), depredarono e saccheggiarono collezioni pubbliche e private per decenni. Göring trasformò la sua residenza di campagna Carinhall, immersa nelle foreste, in uno stupefacente museo personale; il Führer, invece, morì senza vedere esaudito il desiderio di una vita: la nascita di una cittadella dell’arte a Linz (dove aveva frequentato le scuole), che superasse, per titaniche dimensioni, il Louvre.

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LA SISTEMATICITÀ di quel saccheggio massiccio, con il duplice obiettivo di cancellare la memoria di avversari e «inferiori» da una parte, e accrescere il proprio potere e status sociale dall’altra, è ben raccontata nel documentario che Sky Arte manderà in onda domani (alle ore 21,15). I nazisti e l’arte rubata è la serie che affonda lo sguardo in quel cupo periodo: nel primo episodio, le razzie sono narrate attraverso le manie di grandezza dei due protagonisti.

AL CENTRO, c’è il caso Gurlitt, quella scoperta sensazionale di 1500 opere – fra cui la Femme assise di Matisse, appartenuta a Paul Rosenberg, celeberrimo dealer di quei tempi e amico di Picasso. Creduti perduti nei bombardamenti di Dresda, quei capolavori se ne stavano stipati in una casa-magazzino malconcia, ridotta a immondezzaio, che apparteneva a Cornelius Gurlitt, figlio del più importante Hildebrand, mercante fidatissimo di Hitler, colui che doveva piazzare i beni requisiti agli ebrei e, soprattutto, con le sue ruberie, accrescere la «raccolta d’onore» dei capi nazisti. I quali, per loro conto, erano talmente ossessionati dall’arte da metter su due mostre, didattiche e antitetiche: i classici «ariani» e i degenerati, a dimostrazione del sorgere di una civiltà nuova che archiviava le devianze della modernità. In realtà, l’esposizione che riuniva le opere sequestrate tra musei e privati (650 fra quadri e sculture) e che avrebbe dovuto illustrare il caos delle avanguardie, ebbe un successo strepitoso: girò in dodici città e fu visitata da due milioni di persone. Anche Göring, in fondo, rimase un estimatore di uno dei pittori perseguitati dal regime, quel Nolde espressionista del Die Brücke che nemmeno la convinta iscrizione al partito hitleriano rese immune dalle visite della Gestapo e dal divieto di vendere i propri dipinti.