Una «rappresaglia» contro Bashar Al Assad da parte di Stati Uniti, Regno Unito e Francia. È netto il giudizio del Vaticano sui bombardamenti in Siria della scorsa notte, affidato all’articolo di apertura dell’Osservatore Romano di oggi. «Il presidente degli Stati Uniti ha sciolto le riserve e, a una settimana dal presunto attacco chimico alla città siriana di Douma, ha ordinato la rappresaglia in stretto coordinamento con Londra e Parigi», si legge nell’apertura del quotidiano della Santa sede che titola a tutta pagina «Missili sulla Siria».
Nessuna parola da parte di papa Francesco, ma molto probabilmente le dirà oggi, durante il Regina coeli da piazza San Pietro. Del resto in passato Bergoglio, oltre a denunciare le guerre in corso («una terza guerra mondiale a pezzi») e il proliferare delle armi, è spesso intervenuto sulla Siria, per condannare la repressione e la guerra ma anche per scongiurare un attacco militare contro Damasco.
L’ultima volta domenica scorsa, da piazza San Pietro, all’indomani della strage di Douma: «Giungono dalla Siria notizie terribili di bombardamenti con decine di vittime, di cui molte sono donne e bambini, di tante persone colpite dagli effetti di sostanze chimiche contenute nelle bombe. Non c’è una guerra buona e una cattiva, e niente, niente può giustificare l’uso di tali strumenti di sterminio contro persone e popolazioni inermi. Preghiamo perché i responsabili politici e militari scelgano l’altra via, quella del negoziato, la sola che può portare a una pace che non sia quella della morte e della distruzione».
La prima cinque anni fa, quando sembrava imminente un intervento armato occidentale contro la Siria: in estate scrisse ai leader del G20 riuniti a San Pietroburgo per chiedere ai “grandi” di «abbandonare ogni vana pretesa di una soluzione militare» in Siria; poi promosse una giornata di digiuno e una veglia di preghiera per la pace in piazza san Pietro (7 settembre 2013) in particolare per la Siria. Allora i bombardieri non decollarono. Questa notte invece i missili sono partiti.
Se il papa per ora tace, parlano invece i vescovi siriani. «È sorprendente che l’attacco sia avvenuto proprio mentre stava per iniziare la missione degli ispettori dell’Onu chiamati ad indagare sull’uso delle armi chimiche attribuito al regime di Damasco», ha detto ai microfoni di Radio Vaticana e Tv2000 monsignor Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo. I Paesi occidentali, che alimentano «il commercio delle armi», «attaccano per dimostrare che la forza e il potere sono nelle loro mani». Secondo il vescovo di Aleppo, la Siria sta pagando «gli effetti del conflitto fra Stati Uniti e Russia» e, a livello regionale, «della guerra a distanza tra Arabia Saudita e Iran». Monsignor Audo nutre forti dubbi sul fatto che l’attacco chimico a Duma sia opera del regime siriano: «Come è possibile che Assad – si chiede – abbia usato armi chimiche mentre il suo esercito ha riconquistato la regione di Ghouta? Non è logico». Spera «che sia fatta luce su tutto ed emerga la verità, non come hanno fatto con l’Iraq in cui hanno distrutto il Paese dicendo che c’erano le armi chimiche». E si augura che Usa e Russia «raggiungano un accordo per una vera pace».
Durissimo il vicario apostolico di Aleppo dei Latini, monsignor Georges Abou Khazen: «Con questi missili hanno gettato la maschera. Prima era una guerra per procura. Ora a combattere sono gli attori principali. Sono sette anni, è iniziato l’ottavo, che si combatte sul suolo siriano, e ora che gli attori minori sono stati sconfitti, in campo sono scesi i veri protagonisti del conflitto». Gli esperti dovranno indagare «sul presunto attacco chimico a Douma, ma dopo questi raid sarà tutto più difficile», constata monsignor Abou Khazen. «Intanto cresce la sofferenza della popolazione che chiede pace e in cambio ottiene bombe e missili. La gente si aspettava qualcosa di simile e purtroppo è avvenuto».
L’auspicio del vicario apostolico di Aleppo è che «questi attacchi non si allarghino anche in altri luoghi della regione, perché sarebbe davvero pericoloso e tutto potrebbe sfuggire di mano. Serve una soluzione condivisa da raggiungere senza menzogne».