In argentina, sempre in primo piano il caso del vicepresidente Amado Boudou. La settimana scorsa, il vice di Cristina Fernandez de Kirchner è stato accusato dal giudice Ariel Lijo di aver favorito un’impresa privata, acquisita dallo stato quando era ministro dell’Economia, tra il 2009 e il 2011. La presidente non si è ancora espressa in merito, mentre Boudou ha accusato i poteri forti di aver sparato bordate contro il suo governo e i suoi piani di misure sociali. Il Frente para la Victoria, che ha la maggioranza nella commissione parlamentare avrebbe potuto inabilitare il vicepresidente, ma ha rigettato le posizioni del campo avverso, che avrebbe voluto far fuori dalla scena politica Boudou: le prove non sono sufficienti, ha sostenuto il Frente. Se fosse ritenuto colpevole, Boudou può essere condannato a sei anni.

Intanto, l’Argentina continua a ricevere l’appoggio internazionale nella vicenda dei «fondi avvoltoi». In base a una sentenza del giudice statunitense, Thomas Griesa, Buenos Aires ha tempo fino al 31 luglio per pagare per intero le richieste dei fondi speculativi che non hanno voluto negoziare dopo il default del 2001-2002. Ieri, dopo la Unasur e i governi progressisti dell’America latina, anche l’Organizzazione per gli stati americani (Osa) ha appoggiato il governo argentino, approvando una dichiarazione con la sola astensione di Usa e Canada, secondo i quali il testo viola l’indipendenza della magistratura.