Il sole picchia sui ragazzi che arrivano a Miraflores. Sul palco il gruppo canta “Power to the people…” e la marcia risponde: “Poder popular, poder popular”. Alcuni giovanissimi formano un cerchio interno, si scatena un ballo afro-caraibico. C’è chi arriva sui trampoli, chi si esprime con la capoeira, l’arte marziale brasiliana creata soprattutto dai discendenti degli schiavi africani deportati, simile a una danza di festa e di rivolta.

Il movimento Lgbt, sempre numeroso e partecipe, distribuisce preservativi con la scritta “Chavez vive”, tutti accorrono. Poco distante, un evangelico – il cui credo considera un delitto l’interruzione di gravidanza e la diversità sessuale una cosa “contro natura” – innalza la bandiera bolivariana insieme a un cartello che dice: “Maduro, Dio ti ama, cercalo”. Nella marea colorata che avanza, ci sono soprattutto giovani e giovanissimi: è la loro marcia, autoconvocata in tutta fretta dai collettivi giovanili, che hanno viaggiato nella notte da tutto il paese. Ora sono stanchi e accaldati, ma l’emozione è palpabile. Sono queste le corde che vibrano in Venezuela, e che non traspaiono dalle tastiere delle agenzie.

I rapper si alternano al microfono: cantano contro i “bachaqueros” (termine con cui viene indicato chi si accaparra i prodotti), contro “i parrucconi dinosauri” tornati in Parlamento e contro l’Osa di Almagro. Maduro invita graffitisti, giocolieri, attori e collettivi ad animare “il governo della strada contro la violenza, per una nuova rivoluzione culturale, tecnologica e produttiva”.

Mentre culmina la manifestazione della “gioventù rivoluzionaria” è forte l’indignazione per l’annuncio di Luis Almagro, segretario generale dell’Organizzazione degli stati americani (Osa), che intende chiedere l’applicazione della Carta democratica al Venezuela, e discuterla tra il 10 e il 20 di giugno: in base all’articolo che prevede la sospensione del paese dall’organismo e sanzioni economiche in caso di “alterazione dell’ordine costituzionale che affetta gravemente l’ordine democratico”. Il voto può passare con l’approvazione dei due terzi dei 35 paesi membri, ossia 23.

Prima della manifestazione dei giovani, la ministra degli Esteri, Delcy Rodriguez, ha indetto una conferenza stampa per smontare la pertinenza giuridica del voto. Nello statuto dell’Osa – ha ricordato – non c’è una “dimensione punitiva”. Inoltre, il Venezuela ha un presidente legittimo, eletto a maggioranza dal popolo, non “de facto” e casomai sarebbe il governo bolivariano a dover essere tutelato dalle aggressioni interne ed esterne che mirano a provocare l’alterazione dell’ordine democratico.

Poi, dati alla mano, ha mostrato i dati di organismi come la Cepal, in cui il Venezuela figura ai primi posti per riduzione delle disuguaglianze, per livello di istruzione e bassissimo indice di disoccupazione. Quindi, ha denunciato “l’uso fraudolento della Carta democratica” da parte di Almagro: “su 160 twitter inviati da Almagro nel 2016 – ha detto – il 36,4% erano diretti contro il Venezuela: e non sulla base di dati come quelli indicati dalla Cepal, ma da altri twitter dell’opposizione. Almagro è uno strumento dell’imperialismo che vuole appropriarsi delle nostre risorse”.

Ricordando l’esempio dell’Iraq e la menzogna sulle “armi di distruzione di massa” che hanno portato all’invasione del paese e alla rapina del petrolio che custodisce, la ministra ha quindi rivolto un appello alla “comunità internazionale”, perché “la campagna di discredito costruita dai grandi media potrebbe portare all’invasione militare del paese”.

Per disinnescare il sabotaggio dei poteri forti, l’accaparramento dei prodotti e i prezzi incontrollati imposti dai commercianti, il governo ha chiamato al dialogo l’arco di opposizione, appoggiando la mediazione organizzata dalla Unasur con l’appoggio del Vaticano e di alcuni ex presidenti: José Luis Rodriguez Zapatero (Spagna), Leonel Fernandez (Repubblica Dominicana) e Martin Torrijos (Panama).

In serata, il Comitato permanente dell’Osa ha approvato una risoluzione condivisa proprio per appoggiare il dialogo diretto da Unasur. La discussione è stata sollecitata dal Venezuela e da un gruppo di paesi contrari all’ingerenza e messa in calendario ieri. Almagro ha annunciato la sua intenzione di applicare la Carta democratica proprio per anticipare il pronunciamento del Comitato permanente, la cui riunione è stato obbligato a indire nel giorno del suo compleanno, ma a cui non ha partecipato.

Il parere del Comitato, salutato come una grande vittoria “della pace, della costituzione e dei diritti umani” in Venezuela e nell’America latina progressista indica all’Osa che può richiedere il voto di sanzioni solo dopo il fallimento di ogni tentativo di dialogo. Fra i paesi dell’America latina, solo il Paraguay – sospeso dopo il golpe parlamentare contro Fernando Lugo e poi riammesso -, ha votato contro la risoluzione.

Il presidente del Parlamento venezuelano, Ramos Allup, ha protestato con Macri, il presidente dell’Argentina, per il voto espresso nella risoluzione al Comitato permanente. Allup (capo di Accion democratica – il centrosinistra d’antan -, nonché vicepresidente dell’Internazionale socialista), ha dichiarato: «Fa pena la posizione dell’Argentina all’Osa. Cristina Kirchner almeno non era ipocrita. D’ora in poi, anziché Macri lo chiameremo Micro».

Macri appoggia l’opposizione venezuelana, e non ha cambiato opinione. E anche Susana Malcorra, sua ministra degli Esteri, non è uno stinco di santo. E’ stata a capo del gabinetto del segretario generale delle Nazioni unite, Ban Ki-moon dal 2012, e l’anno scorso è stata accusata di aver coperto gli abusi sessuali sui minori compiuti dai Caschi blu dell’Onu. La sua ambizione è però quella di sostituire Ban quando, il 31 dicembre di quest’anno, lascerà l’incarico. Per questo, ha bisogno del voto venezuelano che sta negoziando e ha finora assunto un profilo conciliante.”I problemi del Venezuela – ha dichiarato – deve risolvere i suoi problemi senza interventi esterni, perché se viene destabilizzato, c’è il rischio che si destabilizzi tutta la regione”.