In uno dei libri più importanti degli ultimi anni sull’economia russa (Viatcheslav Morozov Russia’s Post Colonial Identity in Eurocentric World, 2016) è stato dimostrato come l’analisi delle importazioni e delle esportazioni siano la chiave di volta per comprendere la natura intimamente semi-coloniale della Federazione.
Una periferia dell’impero piuttosto atipica viste le dimensioni territoriali e la potenza militare ma pur sempre periferia visto che le sue esportazioni sono essenzialmente materie prime e le sue importazioni alta tecnologia e prodotti finiti. Il prezzo delle materie prima dipende prima di tutto dal ciclo mondiale e dalla dinamica del mercato finanziario e rendono la Russia malgrado le ingenti riserve valutarie e di oro, un paese dalle prospettive eternamente incerte, a metà strada tra boom e bancarotta.

Se si getta lo sguardo un po’ più da vicino ai dati che formano la bilancia dei pagamenti russi, il quadro che ne ricava è ancora più nitido. Per quanto riguarda le esportazioni la Russia ha venduto all’estero quest’anno per un totale di 451 miliardi di dollari (-7,4% rispetto al 2018). Si tratta per lo più di materie prime.

Se si prendono i 10 prodotti più esportati vediamo come petrolio e gas rappresentino di gran lunga i prodotti più esportati con il 52,9% del totale e se si aggiungono il ferro e l’acciaio (5,2%), i cereali (2,3%), i diamanti (2,2%, per la metà acquistati in Belgio e Lussemburgo) il legno (2%), l’alluminio (1,5%), il cotone (1,2%) si arriva al 66,8%. L’esportazione di armi, che avviene sotto il rigido controllo dello Stato, è stata di 11 miliardi di dollari e rappresenta comunque solo un 2,5% del percentuale delle esportazioni complessive. Tra le macchine della morte più apprezzate dai paesi acquirenti (Cina, India, Venezuela, Turchia) il sistema di difesa aerea S-400, il caccia Su-57E di quinta generazione, l’elicottero Mi-28NE e anche il fucile mitragliatore kalashnikov con il top gamma Ak-47 resta vendutissimo (oltre 100 mila pezzi all’anno).

L’alta tecnologia resta il tallone d’Achille della Russia: i computer vengono prodotti solo in funzione del mercato delle armi, della cosmonautica e del nucleare civile e militare. Lo stesso vale i motori. La voce significativa (oltre l’1%) dell’export di automobili in realtà è rappresentato dalla produzione di auto di aziende straniere in Russia come nei casi di Nissan-Renault e di Wolkswagen. Dopo le difficoltà del periodo sovietico, Putin è riuscito a rilanciare l’agricoltura del paese.

Come ai tempi dello Zar la Russia è tornata ad essere il granaio d’Europa e del mondo (46 milioni di tonnellate esportate nel 2019 con 25 miliardi di dollari di profitti). È anche tra i leader nelle esportazioni di pesce e olio di semi di girasole.

Se si ribalta il punto di vista e si osserva la dinamica delle importazioni si noterà come l’Orso russo acquista all’estero principalmente prodotti finiti, tecnologia di alto livello ma anche di consumo. Nel 2019 i dati definitivi dovrebbero aggirarsi intorno ai 255 miliardi di dollari e manterrebbe una bilancia dei pagamenti decisamente positiva. In cima alla lista ci sono i macchinari che rappresentano il 18,5% complessivo.

Si tratta principalmente di alta tecnologia americana per lo sfruttamento delle materie prime e macchinari sia per l’industria leggera che per quella pesante. In questo settore continua a giocare un ruolo preponderante la Germania e malgrado la caduta libera dell’industria degli ultimi anni anche l’Italia conserva delle buone posizioni (2 miliardi e 47 milioni di esportazioni di macchinari).

Nonostante la caduta del rublo negli ultimi anni i brand dell’abbigliamento e delle calzature made in Italy continuano a piacere molto ai russi (1261 milioni di importazioni). La Russia importa praticamente tutta l’elettronica di consumo (12,6% del totale): i notebook più venduti sono gli Acer e i Macbook ma anche i Lenovo nella fascia di prezzo bassa si vendono molto bene. Lo smartphone in cima alle vendite è l’I-Phone ma con i modelli più vecchi in vendita a circa 200 dollari, seguito da Samsung e dalla cinese Xiaomi.

Anche il parco auto resta in gran parte d’importazione (anche se la Lada controlla ancora il 20% del mercato). Kia e Hyundai ne controllano un altro 20% mentre anche se apprezzatissime si vendono poco le BMW e le Mercedes a causa dei prezzi elevati per il russo medio.

Infine la Russia acquista oltre l’80 dei medicinali all’estero (Italia, Germania, Usa e Svizzera fanno la parte del leone). Le dimensioni del fenomeno fece scandalo qualche anno fa quando le importazioni di medicine raggiunsero il 93%. Da allora il governo ha lanciato un programma per favorire la vendita di prodotti generici di produzione russa che hanno rallentato parzialmente gli acquisti all’estero.