Qualche giorno fa ho riportato su Facebook la notizia del primo ritrovamento dei corpi di 215 bambini in una grande scuola “residenziale” cristiana in Canada. Qualcuno scrisse nei commenti che per capire bene bisognava immergersi in quei tempi e comprenderne le circostanze, c’erano tante malattie e non tanti ospedali come oggi, quindi quei bambini potevano benissimo essere morti di cause naturali.

Ieri però è uscita la notizia di un altro orribile ritrovamento, i corpi di ben 750 bambini sotterrati attorno a un’altra chiesa cristiana a Saskatchewan, nel Canada francese occidentale. Difficile credere che siano tutti morti di malattia, e più di un investigatore ritiene che ce ne siano molte migliaia di poveri resti celati per mascherare le vergogne di quei 160 anni di abusi finiti non più di trent’anni fa. Dunque non resta che guardare in faccia una realtà che non tutti conoscono, ma che fa parte della nostra storia umana come l’olocausto degli ebrei, quello dei cambogiani sotto i khmer rouge, degli armeni sotto i turchi e tanti altri.

Quei bambini furono tolti con la forza ai genitori per “rieducarli”, vennero prima rasati, cambiati d’abito poi picchiati se dicevano una sola frase nelle loro lingue, convinti con anni di indottrinamento che ogni cosa fatta dalle loro famiglie era comandata dal diavolo in persona. Poiché gli ultimi casi seguiti dalla chiusura di questa cosiddette “Scuole” sono degli anni ’90, commenti come quello citato nascono dalla difesa cieca di un mondo di valori falsamente spirituali, grazie ai quali intere civiltà finiscono per percepirsi come “superiori” perché il loro dio si trova in alto nei cieli, irraggiungibili a chi non crede. C’entrano poco i tempi e le circostanze. Essi non fanno altro che mostrare in vari momenti della storia umana le diverse forme di coercizione usate dall’uomo sull’uomo con la scusa della religione.

Non conosco a fondo la fede dei nativi nord americani ma so che la sua essenza è il rispetto della natura in tutte le sue forme. E’ lo stesso principio – tra gli altri – degli antichi aborigeni australiani, non a caso sottoposti a loro volta allo stesso tipo di “terapia” esorcistica: strappare i figli ai genitori, alla terra e alla memoria; innestargli nuovi principi “cristiani” dentro apposite scuole “residenziali” gestite da preti e suore con grandi crocifissi al petto e niente nel cuore, a giudicare dalle migliaia di testimonianze dei sopravvissuti a quei lager.

Credenze o non credenze, era necessario giustificare il dominio dell’armato occidente nei commerci, sulle terre, le acque e le genti. Dei loro figli ancora plasmabili occorreva fare uomini e donne “civilizzati”, ovvero costretti a dimenticare strappandoli a madre e padre, ai luoghi d’appartenza e dunque privandoli di ogni diritto di proprietà oltre che della lingua parlata, la “lingua del diavolo”. Quale migliore scusa se non la guerra al Male – vi dice niente? – poteva trovare il governo canadese per giustificare l’esclusione degli insegnanti laici da queste scuole e affidarle quasi esclusivamente a religiosi, che si rivelarono i crudeli aguzzini di intere generazioni cresciute tra fine 800 e metà degli anni ’90 del secolo scorso?.

Dei veri motivi per cui chiese e governi accusarono gli indigeni di essere portatori di diaboliche eresie non si è mai discusso abbastanza. Per i nativi del Nord America, come per gli aborigeni australiani cristianizzati e anche i tibetani colonizzati da laici e pragmatici comunisti cinesi, il rispetto ambientale non vuol dire necessariamente venerazione per le piante e i fiumi, ma per l’essere umano e gli altri animali che ne godono ognuno nella sua forma. Per capire tutte le interconnessioni tra gli abitanti del cosmo, divinità e moscerini, esistono in ciascuna di queste culture rituali considerati sacri e condotti fin dall’antichità. In Amazzonia si fa uso di ayawasca, altrove di peyote o quant’altro cresca dall’origine in un ambiente che ha contribuito a creare una civiltà umana evoluta a modo suo per millenni con il dna della sua terra, prima che giungessero a togliergliela gli eserciti dei mercanti spagnoli e successivi.

Purtroppo come tutti sappiamo le culture indigene non hanno resistito all’impatto con crocifissi, ideologie e nuove malattie, non solo in Nord America ma ovunque sul pianeta. Nel Canada degli orrori che rispuntano dalla terra ho visitato molti anni fa le riserve dove ancora vivevano parecchi dei bambini usciti dalle scuole residenziali. I traumi erano ovunque visibili negli ex alunni, alcuni affetti da malattie mentali, gli altri costretti a essere servili per elemosinare un lavoro o un sussidio dai ricchi bianchi. Poco hanno cambiato finora i pubblici riconoscimenti degli orrori ed errori passati da parte del governo canadese che chiuse questi istituti, ultime le dichiarazioni dello stesso attuale premier Trudeau, né le scuse delle chiese cattoliche (Papa compreso) e protestanti che non hanno mai accettato l’idea di una compensazione alle vittime. L’abuso di alcool o droghe artificiali – probabilmente ben più dannosi per l’organismo degli antichi infusi – è diventato oggi la norma.

Se parlo della cultura primitiva di quelli che l’occidente definisce “allucinogeni” è perché credo sia alla base – come i temibili Totem – della diffidenza cristiana verso le forme di animismo indigene, paragonate al vecchio trucco del diavolo che crea l’illusione di poter acquisire l’onniscienza mangiando una mela o bevendo il succo di potenti erbe psicotrope. Poco importa che il rituale d’iniziazione attentamente seguito dallo sciamano sia spesso unico e irripetibile, attraverso l’esperienza dell’ingresso al mondo del non vedibile né udibile né palpabile o assaporabile. Dopo averlo sperimentato nella visione virtuale creata dalla “medicina della mente” niente sarà più come prima, perché si è creato un ponte tra la natura del mondo e la propria, creando quello che i tibetani definirebbero un bar-do, lo stato intermedio tra un’esistenza e la prossima.

Il bar-do non è necessariamente il passaggio tra una morte e una rinascita fisica, ma tra uno stadio e l’altro della propria esistenza, tra il sonno e la veglia o viceversa, quando i due mondi onirico e reale per qualche istante si incontrano.

A prova che questa connessione esiste realmente, il grande letterato cinese Zhuangzi esternò un celebre dubbio sorto al risveglio: “Ora non so – scrive – se allora ero un uomo che sognava di essere una farfalla, o se ora sono una farfalla che sta sognando di essere un uomo”. Per questa innocua originalità di visione è inammissibile la violenza sui portatori di culture autoctone che ritengono il sogno importante quanto la veglia. Nel moderno occidente dovevano nascere Freud e Jung per dircelo.