Un’emozione profonda per lo spettatore, neanche facile da spiegare o da analizzare razionalmente: è il primo segno dell’efficacia, della forza e della «necessità», che Il vangelo secondo Matteo si porta dentro. E non si pensi al libro dell’apostolo, che pure è una delle basi del cristianesimo assieme a quelli di Luca Marco e Giovanni.

E non si tratta neppure del bellissimo film di Pier Paolo Pasolini, uno dei suoi primi, che lo rivelò a Venezia giusto cinquant’anni fa. Parliamo invece di un grande progetto di Virgilio Sieni, direttore a Venezia della Biennale Danza, che proprio alla danza vuole commisurare il sentimento delle prime comunità cristiane rispetto alla parola e alla storia di Cristo, raccontata appunto dall’evangelista Matteo.

Se ne erano avuti dei saggi e piccole anticipazioni, dalle prove preparatorie cui era stato possibile assistere visitando nelle prime settimane la Biennale Architettura messa in mostra senza risparmio da Rem Koolhaas. Assaggi che interloquivano certo con l’esposizione, ma che ora acquistano una totale autonomia artistica.

Sono 27 scene, o momenti o situazioni, che vengono presentati alle Tese, proprio in fondo all’Arsenale a gruppi di nove per fine settimana. Ora è in corso la seconda «tappa», visibile ancora sabato 12 alle 20 e domenica 13  alle 12. Giovedì e venerdì prossimi andrà in scena l’ultima, che termina prima causa i festeggiamenti del Redentore che rendono Venezia meno praticabile.

I 27 quadri sono di una semplicità assoluta. Dentro una cornice disegnata sul legno del pavimento, per un’ora si muovono uno o più personaggi. Anzi, mai come in questo caso, si può dire persone, perché è proprio della poetica di Sieni, da molto tempo, l’andare a cercare l’essenza della danza, il rapporto tra il movimento e il corpo del «danzatore», la mente che lo governa e il cuore che lo anima.

Non certo per amore di dilettantismo, ma proprio per dimostrare e trovare, in corpi «normali» e quotidiani, il mistero originario della danza, il suo significato, le sue potenzialità. Gli esiti di questa ricerca pluriennale (che ora confluisce maestosa e sovrana in questo Vangelo) sono stati spesso clamorosi, e in molti siamo rimasti ogni volta spiazzati e affascinati da lavoro del coreografo con danzatori non vedenti, con i bambini, con stranieri migranti, con gli anziani e il loro portato di vita e di lotte, con il suo stesso babbo, in uno spettacolo che è ormai da anni un mitico cult, Osso. Ma ora, sotto le volte laboriose delle Tese dove le vele veneziane venivano lavate e tirate, l’emozione ha davvero ragione di esplodere.

Non per amor di minimalismo, ma per la forza dirompente, l’energia vivificante e il sogno di una cosa (come direbbe il poeta di un altro Vangelo) che ogni spettatore felicemente riceve, incuriosito e quasi ipnotizzato da quei gesti elementari di corpi della periferia italiana (il progetto è stato preparato in regioni lontane da Venezia e dalle città), che visti e assorbiti tutti insieme danno un nuovo senso, potente e nello stesso tempo sorprendente, a quei fatti quotidiani del Vangelo archiviati nella memoria infantile o catacumenale.

Qui sono i corpi dei «narranti» a imporsi: la donna che con le sue braccia apre la crocifissione, la bambina straniera come fosse Cananea, le coppie di maschile e femminile che ci mostrano sulla pelle cosa vuol dire deposizione e pietà, i ragazzi giovanissimi la cui vitalità esplode con la stessa forza dirompente della resurrezione di Cristo dal sepolcro.

Il film di Pasolini aveva, a fianco al magnifico Cristo spagnolo, comparse e figuranti di alto lignaggio letterario, da Natalia Ginzburg a Elsa Morante, da Enzo Siciliano a poeti e scrittori di quegli anni. Qui si consuma un passo ulteriore: quei corpi anonimi eppur riccamente vissuti, si appropriano in nome nostro di storie e racconti evangelici.

Visioni che potrebbero restare indimenticabili, accompagnate nel primo step dalla voce e dal sassofono, mirabili, di Naomi Berril. Oggi e domani a dare la scansione sonora sarà una intera corale, quella di Carpi; e la settimana prossima toccherà alla voce e al contrabbasso di Daniele Roccato. Una grande esperienza, e un grande piacere, che chi può non dovrebbe proprio perdersi.