Il suo nome, nelle storie del cinema compariva spesso in una sola riga eppure Lorenza Mazzetti ha svolto un ruolo dirompente nel lancio del nuovo cinema onda inglese degli anni Cinquanta, il free cinema. Lorenza Mazzetti è scomparsa sabato all’età di novantatré anni, una vita romanzesca, drammatica, oscurata, ritrovata: negli ultimi dieci anni è stata celebrata con rassegne, riconoscimenti, presentazioni dei suoi libri e mostre dei suoi quadri. Noi l’abbiamo ospitata più volte nelle pagine del giornale, prima come mitica riscoperta, poi come personaggio da conoscere sempre meglio.

UNA DICIOTTENNE italiana accese nel ’56 le luci del free cinema inglese, l’onda che accompagnò la swinging London, gli scrittori arrabbiati, le muse come Julie Christie o Rita Tushingham nei film di Karel Reitsz, Lindsay Anderson firmatari con lei del manifesto del free cinema a cui si aggiunse poi Tony Richardson. Ma lei in quel momento non era una semplice ragazza italiana, aveva già vissuto esperienze devastanti. Come ci raccontò, tutto era stato cancellato dalla memoria. La madre morì poco dopo la nascita sua e della sorella gemella, adottate dalla zia che era sposata con Robert, il cugino di Alfred Einstein, «uno zio simpatico» che andava a trovarle nella villa di Rignano sull’Arno.

Ma tutti gli Einstein dovevano essere eliminati per ordine di Hitler, una vendetta contro lo scienziato che si era rifugiato negli Usa, così nella strage di Rignano nel ’44 furono trucidate la zia e le cugine mentre Robert si salvò per puro caso, ma si suicidò l’anno dopo. Le gemelle poiché non portavano quel cognome si salvarono.

PER ANNI di tutto questo era rimasto come un buco nero, decise di andare a Londra attirata dal cinema (Rossellini, De Sica, Zavattini, Jean Vigo) si manteneva facendo la cameriera perché il curatore dell’eredità aveva dilapidato con investimenti sbagliati tutte le loro sostanze di uniche eredi del patrimonio di famiglia. Raccontava di essersi presentata direttamente dal direttore della Slade School of Fine Art, mostrando i suoi disegni, senza avere i requisiti. Perché dovrei accettarla? Perché sono un genio, rispose con la spavalderia di chi era abituata a frequentare persone di alta cultura. Fu accettata e K fu il suo primo film ispirato alle Metamorfosi di Kafka, realizzato tra il ’52 e il ’53 appropriandosi della cinepresa della scuola, mandando a sviluppare la pellicola con cambiali firmate a nome della scuola, montando il materiale nella sua stanza.

Uno scandalo da cui si salvò grazie alla proiezione a cui assistette Denis Forman direttore del British Film Institute che aveva il fondo (Experimental Film Fund) con cui furono realizzati parecchi film del free cinema, una svolta epocale nel cinema inglese che all’epoca era conosciuto per lo più per la sua produzione horror, ed era piuttosto in crisi per la morte di Korda e la migrazione dei migliori registi a Hollywood.

Con quel fondo produsse Together, la storia di due sordomuti preda del bullismo di ragazzotti dell’East End film che divenne un caso e vinse la menzione come film di ricerca a Cannes nel ’56. Fu inusuale vedere la classe proletaria al cinema secondo quello che poi sarebbe diventato una costante, per arrivare fino al cinema sociale di Ken Loach. Il cinema che lasciava gli studi e andava a esplorare le periferie. Quella che lei riprendeva, ci raccontava, era una Londra dei docks, preda del fumo, del carbone e della nebbia, dove ancora doveva esplodere la swinging London, ma già si potevano frequentare i club del jazz e gli spettacoli teatrali dei giovani drammaturghi «arrabbiati».

POICHÉ IL FILM era firmato da una regista (fatto inaudito all’epoca, c’era solo la coetanea Varda che diventerà famosa con Cléo, ma nel ’62 e perfino Marta Meszaros avrebbe esordito anni dopo nel ’68) per anni il suo nome è stato come cancellato.
E alla cancellazione ha contribuito lei stessa con il ritorno in Italia, a Roma, con l’abbandono del cinema (qualche episodio a parte) e una sorta di lungo periodo di rielaborazione del lutto da cui riemergere a fatica, affrontare percorsi psicanalitici. La sua creatività si esprimeva con il Puppet Theatre da lei ideato e soprattutto attraverso la scrittura, collaboratrice di Vie Nuove, autrice di Il cielo cade, premio Viareggio 1961), presentato come romanzo ma in realtà racconto delle sue vicende personali a cui cambia i nomi, che ricompariranno quando Sellerio ne farà la nuova edizione, portato sullo schermo dai fratelli Frazzi nel 2000.

NEL ’63 PUBBLICA il seguito della biografia Con rabbia e La nave di Teseo ha scelto un titolo che ricorda i film degli anni ’60 (Mi può prestare la sua pistola per favore?) per ripubblicare il terzo della serie Uccidi il padre e la madre, quindi Diario londinese e Album di famiglia, con i dipinti da lei realizzati dei personaggi della sua vita. Steve Della Casa e Francesco Frisari hanno realizzato su di lei il documentario Perché sono un genio presentato a Venezia 2016.