In altri tempi, ad esempio quando voleva difendere Berlusconi dai giudici, il parlamento avrebbe sollevato un conflitto di attribuzione davanti alla corte Costituzionale. Stavolta non andrà così, anche se il Consiglio supremo di difesa – che è un organo di rilievo costituzionale – ieri ha sostanzialmente detto al parlamento di non intromettersi nei programmi di spesa delle Forze Armate. Fuor di metafora, gli F35. Dei quali, come si sa, la camera si è occupata la settimana scorsa, approvando una blanda mozione che impegna il governo ad ascoltare il parere del parlamento prima di procedere all’acquisto dei nuovi aerei da guerra – che costerebbero allo stato italiano 13 miliardi nei prossimi 12 anni. Nulla di risolutivo, nessuna sospensione del programma come chiedevano il Movimento 5 Stelle e Sel, tant’è che il governo ha dato parere favorevole al compromesso raggiunto tra Pd e Pdl. Ma per le Forze Armate e magari anche per la Lockheed che si occupa della produzione delle componenti dell’aereo che verrebbe poi assemblato in Italia, dev’essere stato anche troppo. Tant’è che sotto l’ombrello del Consiglio supremo e soprattutto di Giorgio Napolitano che lo presiede, lo stesso governo – Letta, Alfano, Bonino, Mauro, Saccomanni – ha firmato un altolà alle camere, che non avrebbero «un diritto di veto su decisioni operative e provvedimenti tecnici».

Dal punto di vista politico è un gesto molto forte, giunto inatteso anche ai parlamentari che seguono le questioni della difesa, con quelli del Pd finiti in mezzo tra un presidente della Repubblica assai attivo e il sentimento generale dell’elettorato di centrosinistra, oltre che il buon senso, che non capisce perché sui miliardi della difesa non si debba metter bocca in un momento in cui tutto si taglia. La controprova delle difficoltà del Pd sta nel fatto che ancora resiste in senato una mozione (primo firmatario Casson) che chiede direttamente la sospensione del programma F35. Si discuterà assieme alle altre la prossima settimana, a meno che non venga ritirata, e non è impossibile visto che di fronte al pronunciamento del Colle anche la mozione approvata alla camera finisce col colorarsi di pacifismo. Mentre proprio ieri le commissioni congiunte hanno dato il via all’indagine conoscitiva che dovrebbe fornire elementi in vista di una generale riconsiderazione in Europa, a dicembre, delle dotazioni di guerra (le commissioni esteri si occuperanno della situazione geopolitica, le difesa dei sistemi d’arma).

Nei fatti la nota piovuta dal Quirinale (è lì che si riunisce il Consiglio) smentisce il compromesso cristallizzato nella mozione delle «larghe intese» alla camera. Dando ragione al Pdl e spiazzando il governo, che tra l’altro aveva mostrato qualche divisione sull’argomento F35 ma che velocemente si è adeguato alle intenzioni del capo dello stato. La disputa gira attorno all’interpretazione della legge (244/2012) con la quale negli ultimi giorni della scorsa legislatura si è dato il via alla «revisione dello strumento militare». È una legge delega, ma è già in forza all’articolo 4 che introduce il parere vincolante delle commissioni difesa sui programmi di armamento ordinari e pluriennali. Per lo Stato maggiore della difesa, però, il programma F35 rientra nel comma 4 dell’articolo 4, dove sta scritto che i programmi pluriennali già finanziati in esercizi precedenti sono intoccabili. Il parlamento non potrebbe, allora, intromettersi nelle decisioni dell’esecutivo, ed è il Consiglio di difesa che si fa carico di ricordarlo: «Il rapporto fiduciario non può che essere fondato sul riconoscimento dei rispettivi distinti ruoli». Costituzione alla mano, però, il rapporto fiduciario è appunto quello che lega il governo al parlamento e che fa sì che il parlamento può sempre correggere il bilancio preparato dall’esecutivo, togliendo o spostando fondi. Anche quelli della difesa.

Ricordano infatti gli avversari del programma F35 che il governo italiano non ha ancora firmato nessun contratto d’acquisto degli aerei e dunque non dovrebbe pagare nessuna penale se decidesse di mollare gli americani (magari per rivolgersi a un consorzio europeo). Così si augurano i grillini, che con Nuti parlano di «schiaffo di Napolitano al parlamento» e Sel che con Loredana De Petris invita al capo dello stato a «fare come Pertini che disse “si svuotino gli arsenali di guerra, sorgente di morte, e si colmino i granai fonte di vita”». La nota del Pd firmata dal capogruppo in commissione difesa Scanu esibisce «rispetto» per il Consiglio supremo ma puntualizza che «la sovranità del parlamento non può essere derubricata a mero esercizio di veto».