«A meno di una settimana dalla Cop26 di Glasgow siamo sulla buona strada per la catastrofe climatica. Di quanti campanelli d’allarme abbiamo bisogno?» ha detto ieri il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, i cui commenti assumono un tono via via più drammatico man mano che si avvicina la conferenza ONU sul clima. Guterres è intervenuto alla conferenza stampa di presentazione del nuovo « Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP). A pochi giorni dal «Production Gap Report» che evidenziava come i governi stiano pianificando di produrre entro nel 2030 il 110% in più di combustibili fossili rispetto a quanto sarebbe coerente con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5°C, il nuovo documento spiega che allo stato attuale gli sforzi dei singoli Paesi porterebbero a una riduzione solo del 7,5% delle emissioni annue di gas serra nel 2030, un impegno insufficiente secondo le Nazioni Unite: il mondo, infatti, ha bisogno di una riduzione del 55% delle emissioni per limitare l’aumento della temperatura globale sotto il grado e mezzo, cioè quel livello indicato dagli scienziati per uno scenario meno rischioso per il nostro Pianeta e il futuro dell’umanità.
«Come dice il titolo del rapporto di quest’anno, “Il riscaldamento è acceso”, e come mostrano i contenuti del rapporto, la leadership di cui abbiamo bisogno è spenta. Lontana» ha avvertito Guterres.

Le promesse di riduzione delle emissioni sono «vaghe» e incoerenti con la maggior parte degli impegni nazionali per il 2030, avverte il rapporto. Eppure, secondo l’«Emissions Gap Report» la buona strada sarebbe una e una sola: «Per mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 gradi in questo secolo, l’obiettivo ambizioso dell’Accordo di Parigi, il mondo ha bisogno di dimezzare le emissioni annuali di gas serra nei prossimi otto anni». Ripetiamolo: dimezzare le emissioni entro il 2030. È questo l’obiettivo, ambizioso, che deve darsi la Cop26 che inizia domenica 31 ottobre e continuerà fino al 12 novembre a Glasgow, in Scozia.

Il mondo ha appena otto anni per tagliare 28 gigatonnellate di CO2 equivalente. Per mettere questo numero in prospettiva, le emissioni di anidride carbonica da sole dovrebbero raggiungere 33 gigatonnellate nel 2021. Quando anche tutti gli altri gas serra sono presi in considerazione, le emissioni annuali sono vicine a 60 gigatonnellate. «Il cambiamento climatico non è più un problema futuro. È un problema di adesso» ha detto Inger Andersen, direttore esecutivo dell’UNEP. «Per avere una possibilità di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, abbiamo otto anni per quasi dimezzare le emissioni di gas serra: otto anni per fare i piani, mettere in atto le politiche, attuarle e infine realizzare i tagli. L’orologio sta ticchettando forte»

Se non cambierà niente, la direzione è segnata: gli impegni sul clima e le misure di mitigazione porteranno secondo le proiezioni UNEP il Pianeta a un aumento della temperatura globale di 2,7 gradi entro la fine del secolo, ben lontano dagli obiettivi dell’Accordo di Parigi.

Il titolo del rapporto presentato ieri è «Il riscaldamento è acceso». L’UNEP ha rilevato che la pandemia di Covid-19 ha portato nel 2020 a un calo senza precedenti delle emissioni globali, il quale non è stato comunque sufficiente a invertire la rotta, come ha spiegato l’altro ieri anche l’ultimo report della World Meteorological Organization: la concentrazione di gas climalteranti in atmosfera continua a crescere.

In relazione all’emergenza sanitaria e alla ripresa, il rapporto segnala anche un rischio: «Nella maggior parte dei Paesi è stata persa l’opportunità di utilizzare il salvataggio fiscale e la spesa per stimolare l’economia sostenendo l’azione per il clima». Secondo il rapporto, infatti, è «probabile che solo il 20% circa degli investimenti totali per la ripresa fino a maggio 2021 riduca le emissioni di gas serra».

Ieri il Ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani era a Rimini, dov’è in corso Ecomondo. Non ha commentato il rapporto UNEP, ma ha ribadito che il «gas naturale svolgerà comunque un ruolo significativo nella transizione energetica», anche se è una fonte fossile e dovrebbe essere tenuta sotto terra. Ad intervenire sulla COP26 è stata invece la vice ministra degli Esteri Marina Sereni, concludendo i lavori della X Conferenza Italia-America Latina e Caraibi. «Europei, Latinoamericani e Caraibici condividono l’agenda internazionale in tema di commercio internazionale, sviluppo sostenibile e cambiamenti climatici, si tratta di un patrimonio di influenza su scala globale che dobbiamo usare con pragmatismo, ma sempre ispirati dai valori cardine che ci accomunano». L’appuntamento di Glasgow rappresenta, secondo Sereni, «uno dei principali banchi di prova dell’efficacia del multilateralismo». Ad ascoltare Guterres, la bocciatura è vicina.