Le Nazioni unite hanno chiesto al premier in pectore del Governo di accordo nazionale (Gna), Fayez al-Serraj, di aprire un’inchiesta sui dodici uomini uccisi dopo essere stati rilasciati da una prigione di Tripoli la scorsa settimana. Secondo le prime ricostruzioni si tratterebbe di un vero e proprio regolamento di conti. Gli ex detenuti erano stati accusati di aver preso parte dell’uccisione e torture di alcuni manifestanti anti-Gheddafi nel 2011. I corpi dei dodici uomini sono stati trovati in diversi quartieri di Tripoli lo scorso venerdì. Sui loro cadaveri apparivano segni di percosse e di proiettili che li hanno colpiti al petto e in testa.

L’inviato speciale dell’Onu in Libia, Martin Kobler, si è definito «scioccato» per questo «vile crimine». «Chiedo alle autorità libiche la formazione di una commissione di inchiesta nazionale e internazionale per seguire gli sviluppi della vicenda», ha aggiunto Kobler. Le circostanze dell’assassinio non sono chiare. La polizia libica ha confermato che gli uomini hanno lasciato la prigione di al-Baraka con le loro famiglie lo scorso giovedì. Molti centri di detenzione in Libia sono controllati da gruppi che includono milizie e polizia giudiziaria.

Il parlamento di Tobruk ha accusato in una dichiarazione ufficiale le autorità di Tripoli di aver lasciato la polizia giudiziaria commettere un atto di vendetta politica. La prigione di al-Baraka è nota per il numero di pro-Gheddafi che sono lì detenuti. Human Rights Watch aveva confermato che molti dei prigionieri avevano subito violenze e torture. Le autorità libiche hanno chiesto 1,2 miliardi di dollari di danni alla Goldman Sachs in riferimento ad investimenti sbagliati che sarebbero stati suggeriti all’Autorità per gli investimenti di Tripoli (Lia). Secondo i libici, gli investimenti in questione vennero effettuati sotto «influenze non dovute».

Lia ha accusato Goldman Sachs di essere responsabile delle perdite generate dagli investimenti, ereditati dall’Autorità per gli investimenti dalla precedente gestione, in altre parole prima della fine del governo di Muammar Gheddafi.

Non si placano i combattimenti per la conquista di Sirte da parte dell’operazione Struttura solida (al-Bunyan al-Marsoos), cartello che unisce i militari pro-Serraj con le milizie di Misurata. I jihadisti di Isis sarebbero stati isolati in appena cinque chilometri all’interno della città di Sirte. Nonostante le richieste di al-Serraj, presentate anche in occasione della Conferenza di Vienna, di cancellare l’embargo sulle armi, l’inviato Onu, Martin Kobler, ha smentito che per il momento sia previsto di armare le forze pro-Gna che stanno combattendo contro Isis, senza un preventivo via libera del Consiglio di sicurezza Onu.

Infine, Amnesty International ha dichiarato che il progetto dell’Unione europea di cooperare più strettamente con la Libia in materia d’immigrazione rischia di favorire i maltrattamenti e la detenzione di migliaia di migranti e di rifugiati. Lo scorso mese, l’Unione europea ha annunciato l’intenzione di estendere per un altro anno l’operazione navale di contrasto ai trafficanti di esseri umani denominata «Sophia» e, su richiesta del nuovo governo di Tripoli, di offrire formazione alla guardia costiera libica e di condividere informazioni con quest’ultima. «L’Europa non dovrebbe neanche ipotizzare accordi con la Libia in tema d’immigrazione», ha denunciato il vicedirettore ad interim del programma Medio Oriente, Magdalena Mughrabi. «Sarebbe necessario migliorare la capacità della guardia costiera libica di cercare e soccorrere vite umane in mare», ha spiegato.