«Con una motovedetta della Guardia costiera, a Lampedusa sono sbarcate 81 persone partite dalla Libia. I 43 naufraghi a bordo di Sea Watch rimangono bloccati in mare dal 12 giugno. Quanto deve durare questa ipocrita e disumana messinscena?»: questa la domanda posta via twitter ieri mattina dalla Ong tedesca. Bloccati a 16 miglia da Lampedusa, arrivati al nono giorno, diventa sempre più difficile tenere la calma tra i naufraghi: «Abbiamo molti pazienti con dolori, qui non curabili, provocati dalle torture e non possiamo gestire la situazione ancora a lungo – ha spiegato la dottoressa di bordo, Verena -. Abbiamo bisogno di un porto sicuro». E ancora: «Fa sempre più caldo, soprattutto nella zona in cui stanno le persone. Hanno problemi di disidratazione, cosa sulla quale non possiamo intervenire. In molti hanno vissuto traumi e torture, hanno bisogno di supporto psicologico. Invece si trovano in uno spazio molto ristretto e non possiamo prevedere come potranno reagire allo stress, che sta aumentando con il passare dei giorni».

L’ONU È TORNATA a chiedere al governo di rimuovere il divieto: «L’Italia ha la responsabilità di farli sbarcare, nessuno dovrebbe tornare nella Libia scossa dalla guerra – ha spiegato il portavoce dell’Unhcr, Babar Baloch -. Questi disperati devono essere sbarcati, è un obbligo sancito dalle norme internazionali». Ma il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, continua a fare la faccia feroce. Ieri ha replicato: «Con tutto il rispetto per l’Onu e i professoroni, le politiche su chi entra ed esce in Italia le decide il Viminale. È una nave iscritta nel registro olandese, ha a bordo un’Ong tedesca: facciano il giro, se vogliono andare a Rotterdam o Amburgo».

Non solo le agenzie Onu ma anche il commissario per i Diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatovic, aveva chiesto «un porto sicuro che possa essere raggiunto rapidamente» specificando che «i migranti non dovrebbero mai essere sbarcati in Libia, perché non è un paese sicuro». Salvini invece ieri ha scritto al premier Giuseppe Conte, che era a Bruxelles alle prese con le trattative economico diplomatiche, per dettargli il compito da svolgere: «Un’energica nuova iniziativa di sensibilizzazione nei confronti dei Paesi Bassi» per l’approdo in Olanda della Sea Watch 3.

SECONDO IL LEADER LEGHISTA, l’Ong avrebbe messo in atto una condotta grave «resa palese dalla ferrea determinazione con la quale ha rifiutando il Place of safety indicato dalle autorità libiche (Tripoli, ndr)». Salvini continua a fingere che la Libia abbia un porto sicuro. «Negli ultimi 9 mesi, almeno 22 persone sono morte per malattie, probabilmente tubercolosi, nei centri di detenzione di Zintan e Gharyan, a sud di Tripoli», spiega Medici senza frontiere. Per mesi, in alcuni casi addirittura per anni, persone registrate come rifugiati dall’Unhcr sono state abbandonate in capannoni di lamiera senza assistenza. «Una catastrofe sanitaria» la definisce Msf. E ancora: «Sono condannati a un ciclo di violenze e detenzioni, eppure gli stati europei contribuiscono ai loro respingimenti, in violazione del diritto internazionale». Un rifugiato eritreo a Zintan ha raccontato: «Non possiamo tornare indietro e nessuno ci vuole da qualche altra parte. Non so dove sia il mio posto nel mondo».

Per Salvini la soluzione è mandare la nave in Olanda ma richiamando «i Paesi Bassi sull’esigenza di porre in essere ogni azione necessaria, anche sotto il profilo dell’ordine pubblico, affinché sia assicurato il rispetto integrale del complessivo quadro normativo». La condivisione, nei fatti, da parte degli stati Ue della delega alla Guardia costiera di Tripoli per i respingimenti, ha già portato a una stretta in Olanda rispetto alle norme da ottemperare per avere l’iscrizione nel registro navale. Sea Watch 3 ha ottenuto tempo per adeguarsi, ma Salvini sembra indicare la rotta ai paesi Ue: modificare le singole legislazioni per rendere impossibili i soccorsi.

Conte si è subito allineato al vicepremier: «Il presidente del Consiglio è sempre disponibile per tutti i suoi ministri. Sono già prontamente intervenuto, ho approfittato dei lavori del Consiglio europeo. Attendiamo una risposta».

INTANTO, IL TRIBUNALE dei ministri di Catania ha disposto l’archiviazione per il premier, Salvini, Di Maio e Toninelli: per i migranti trattenuti a bordo della Sea Watch dal 24 al 30 gennaio non c’è stato sequestro di persona. La nave della ong «è entrata in Italia in maniera unilaterale e senza le necessarie autorizzazioni della Guardia Costiera», spiegano dal tribunale del riesame di Catania. I giudici sottolineano la differenza con il caso della Diciotti che era una nave militare italiana. In quell’occasione fu chiesta l’autorizzazione a procedere contro Salvini, negata dal Senato.