La melodia del Rondò che Beethoven scrisse per la sua sonata Op. 90 colpì Schubert evidentemente in modo speciale, perché la riprese sia nella prima sonata per pianoforte che portò a termine, la D 537 in la minore, sia nel finale della penultima sonata, D 959 in la maggiore, e nel lied «Im fruehlinhger». Composta nel 1814, la Sonata n. 27 in mi minore, op. 90 risente, senza tuttavia tradurlo in magniloquenza, dell’orgoglio patriottico alimentato dalla caduta di Napoleone, ma si concede anche a un intimismo e a una cantabilità che il titanismo del tempo non permise di fare pienamente apprezzare (figurava stabilmente, infatti, solo nel repertorio di Anton Rubinstein, poi di Sergei Rachmaninov). Beethoven, non per la prima volta, previde due soli tempi, mentre fino ad allora inedito era l’uso del tedesco che scelse per le indicazioni dinamiche dei movimenti e la guida all’espressività dell’interprete.

STASERA Alexander Lonquich, pianista e direttore tra i più interessanti e culturalmente consapevoli della scena non solo italiana, neo-direttore della Scuola di Musica di Fiesole, la suonerà (alle 18 e alle 21) per inaugurare la 76a stagione dell’Istituzione Universitaria dei Concerti, nell’Aula Magna della Sapienza a Roma. La seconda parte del concerto prevede la celeberrima ultima Sonata in si bemolle maggiore D 960 di Schubert, terminata il 26 settembre del 1828 e eseguita in pubblico già il giorno dopo, meno di due mesi prima di morire. Dieci anni sarebbero passati prima che le tre ultime sonate di Schubert trovassero un editore: Diabelli le dedicò a Schumann, sapendo di trovare in lui un entusiasta sostenitore, e in effetti, sulla «Neue Zeitschrift fur Musik» così Schumann scrisse a proposito della D 960: «…rinuncia volontariamente a ogni brillante novità e arriva a una semplicità di invenzione ben più grande… la composizione scorre mormorando di pagina in pagina, sempre lirica, senza mai pensiero per ciò che verrà, come se non dovesse mai arrivare alla fine, interrotta soltanto qua e là da fremiti più violenti, che tuttavia si spengono rapidamente». Ai musicisti che interpreta stasera, Lonquich ha dedicato i dischi Schubert 1828, con le ultime tre sonate, e l’opera omnia delle composizioni per pianoforte e violoncello di Beethoven con Nicolas Altstaedt, entrambi per Alpha.

LA STAGIONE proseguirà (questo il programma di ottobre) sabato 24, con l’Accademia Bizantina diretta dal violinista e concertatore Alessandro Tampieri, poi martedì 27 (ore 18.00 e ore 21.00) con un altro apprezzato pianista, Benedetto Lupo, in un focus sul romanticismo tedesco che tocca le due serie di Klavierstücke op. 118 e op. 119 di Brahms, le Tre Romanze op. 28 e la Sonata n. 2 op. 22 di Schumann.
Da sabato 31 ottobre, ci si sposterà temporaneamente al Teatro Italia per ascoltare il Quartetto di Cremona, che concluderà il ciclo pluriennale «Esplorando Mozart» con Alessandro Carbonare, primo Clarinetto dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia: in programma il Quartetto in do maggiore K 465 «Delle dissonanze» e il Quintetto con clarinetto in la maggiore K 581 (ore 17.30 e ore 20.30).