L’onore delle cronache spetta oggi al colonnello Pappalardo, redattore a tempo perso di proclami eversivi in stile Licio Gelli. Nessuno può credere che sia un golpista, con quel cognome e con quel grado: nei paesi avanzati queste cose le fanno i generali che si chiamano De Lorenzo. Ma i generali e i comandi dell’Arma, quarta forza armata nei secoli fedele, giurano che non sanno nulla di quel proclama in circolazione da tre mesi in ogni stazione. Perché non vanno a casa?

Anche il ministro Mattarella dichiara che lui non c’era e se c’era dormiva e che il governo, mentre varava la riforma dell’arma e intratteneva al telefono il colonnello, era all’oscuro di tutto. Credono che questa sia una scusante ed è invece una confessione di incompetenza o di omertà. C’è più marcio di quanto pensiamo, in Danimarca, altro che trasparenza (glasnost).

Presto non se ne parlerà più, come non si parla più del generale Celentano. Chi era, un cantante paracadutista? No, era uno che non redigeva proclami ma giornaletti machisti e che comandava la Folgore (i nomi sono cose), nelle cui caserme fioriva il nonnismo che costò la vita a Emanuele Scieri.

E chi era Emanuele Scieri? Nessuno, un ragazzo per la cui stupida morte non c’è (mi assicurano) neanche un indagato, sebbene il suo cadavere sia stato occultato per tre giorni dai commilitoni. C’è solo una denuncia del padre. Forse il presidente Ciampi dovrebbe ricevere questo padre.

Cosa c’entra Pappalardo con Celentano e viceversa? C’entra, hanno in comune il merito di mettere in luce non tanto il clima insano che appesta molti corpi dello Stato, militari e no, quanto l’inettitudine o l’omertà delle autorità politiche. Le quali, di destra o di sinistra, coprono regolarmente le magagne degli alti gradi di ogni burocrazia per tenerli buoni e tirarli dalla propria parte. Una tangentopoli virtuale.

Oppure lo fanno per tutelare l’onore militare? Qui casca il mulo. Se è questo che vi sta a cuore, toglietegli le stellette e retrocedeteli a caporali.

* L’ editoriale, del 4/4/2000, fu scritto in occasione del “caso Pappalardo”, allora colonnello dei carabinieri – poi tra l’altro sei anni dopo promotore del movimento dei forconi – autore in quei giorni di un documento «Sullo stato del morale e del benessere dei cittadini», dove si invitava l’Arma a fondare una nuova Italia. Fu il procuratore militare Intelisano a paragonare quel testo allo zibaldone machista del generale Enrico Celentano comandante della Folgore quando Scieri fu ucciso. Su questo omicidio Pintor impegnò da subito, fin dall’agosto del 1999 quando veniva fatto passare per “suicidio”, la redazione de “il manifesto”.