Secondo la Ong spagnola Caminando Fronteras sono almeno 2.087 i migranti morti o dispersi nei primi sei mesi di quest’anno nel tentativo di raggiungere la Spagna. Un’ecatombe dovuta soprattutto all’estrema pericolosità della «ruta Canaria», cioè il percorso migratorio nell’oceano Atlantico che dalle coste di Marocco, Sahara Occidentale, Mauritania, Senegal e a volte persino Gambia arriva alle isole Canarie.

Già nel 2020 era stata la rotta più letale al mondo, superando per la prima volta quella del Mediterraneo centrale. 1.845 le vite perse nei 12 mesi scorsi. Quest’anno sarebbero 1.922 soltanto nel primo semestre (a cui si devono aggiungere le 165 vittime del Mediterraneo occidentale). I dati di Caminando Fronteras si discostano parecchio da quelli indicati da organismi come l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), che ha documentato finora circa 300 morti sulle rotte verso la Spagna.

La ragione starebbe nel fatto che le organizzazioni internazionali conteggiano solo le vittime accertate. Mentre secondo l’attivista e ricercatrice Helena Maleno «il 95% dei morti sparisce nel mare, senza che i corpi siano mai recuperati». All’inizio dello scorso giugno un barcone è arrivato perfino ai Caraibi, trovato dai pescatori di Trinidad e Tobago. A bordo 14 persone. Tutte morte. Vagavano da mesi.

«Chiediamo allo Stato spagnolo di reagire, per non dover parlare di anno catastrofico alla fine del 2021», ha affermato Maleno.