Non c’era nessuno, ieri, a gridare «onestà onestà» in Campidoglio mentre un vero tsunami giudiziario sconquassava la maggioranza a cinque Stelle della Capitale. Quando la notizia dell’arresto per corruzione del pentastellato Marcello De Vito, presidente dell’Assemblea capitolina, e di altre tre persone nell’ambito dell’inchiesta sulla costruzione del nuovo stadio della Roma, aveva già fatto il giro del mondo, le uniche voci giustizialiste – a parte i neofascisti di Casa Pound che hanno portato in piazza arance – si sono sollevate dallo stesso Movimento grillino. Evidentemente, facilmente convinto che le accuse formulate dalla procura e accolte dal Gip Maria Paola Tomaselli, che ha ordinato le misure cautelari, abbiano un fondamento certo.

MARCELLO DE VITO è stato trasferito in carcere ieri all’alba come il suo amico e sodale, l’avvocato Camillo Mezzacapo, con il quale, secondo l’accusa, aveva organizzato un vero sistema di mazzette che finivano sul conto della società Mdl srl, una sorta di «cassaforte» il cui titolare era solo Mezzacapo. In particolare, i due avrebbero assicurato l’agevolazione dell’iter del progetto di Tor di Valle in cambio di 95 mila euro ricevuti in tre tranche da Luca Parnasi, l’imprenditore a capo di Eurnova, la società partner dell’As Roma nella costruzione del nuovo stadio, arrestato il 13 giugno 2018 e liberato nell’ottobre scorso. Proprio le confessioni di Parnasi davanti agli inquirenti sono state fondamentali nello sviluppo dell’inchiesta che indaga undici persone a vario titolo per i reati di associazione a delinquere, corruzione, traffico illecito di influenze e finanziamento illecito ai partiti, e dalla quale deriva il procedimento di ieri.

Secondo la Gip, Parnasi aveva sollecitato De Vito a cercare tra i grillini altri alleati, e il presidente dell’Assemblea capitolina aveva espresso «l’intenzione di ricercare egli stesso il sostegno di soggetti quali Ferrara e Frongia (capogruppo e vicesindaco, ndr) appartenenti alla sua parte politica, non celando altresì il rapporto preferenziale instauratosi con Lanzalone (ex presidente Acea, consulente di Raggi per lo Stadio della Roma, dal 5 marzo sotto processo, ndr)».

MA DE VITO E MEZZACAPO, secondo l’ordinanza, avrebbero assicurato anche una «mediazione illecita» «sull’iter amministrativo di approvazione del Progetto di riqualificazione degli ex Mercati generali di via Ostiense» ottenendo in cambio dai fratelli Pierluigi e Claudio Toti, costruttori a capo della omonima holding, 110 mila euro. Anche Parnasi era interessato all’opera: la Gip Tomaselli riporta l’incontro tra l’amministratore di Eurnova, Mezzacapo e De Vito del 31 maggio 2018, durante il quale i tre discutono di come superare i limiti sulle cubature imposte dalla delibera approvata nell’agosto 2016 dall’Assemblea capitolina su proposta dell’ex assessore Paolo Berdini. Gli inquirenti registrano Mezzacapo che chiede: «Noi come entriamo?», e Parnasi risponde: «Eh me la devi dire te. Questa è la riflessione a questo punto fate una chiacchierata e ragionateci. Non me lo devi dire a me. Tu puoi entrare in qualunque parte».

Infine, analizzando i flussi finanziari, gli inquirenti avrebbero rintracciato altri 24 mila euro versati nella «cassaforte» Mdl dall’immobiliarista Giuseppe Statuto, che ne prometteva altri 160 mila al fine di ottenere agevolazioni per «il rilascio del permesso di costruire, con cambio di destinazione d’uso ed ampliamento nell’area dell’ex stazione di Trastevere». Cosa che, secondo la giudice, sarebbe poi realmente avvenuta quando l’oramai ex presidente dell’Assemblea capitolina avrebbe fatto pressioni presso la segreteria dell’assessore all’urbanistica Luca Montuori per far rilasciare quel permesso al gruppo Statuto. Per questo scambio corruttivo sono finiti ai domiciliari anche altri due imprenditori, Gianluca Bardelli e Fortunato Pititto.

UN TOTALE DI 230 MILA euro incassati in pochi mesi. D’altronde l’esponente del M5S, conosciuto come «mister preferenze», e il suo avvocato sodale erano consapevoli che il tempo a loro disposizione non sarebbe stato ancora molto: «Difficilmente si riverifica una congiunzione astrale dove oggi stai al governo da solo a Roma e ristai al governo del Paese con la quota di maggioranza», faceva notare il 4 febbraio scorso l’avvocato Mezzacapo parlando nel suo studio legale con De Vito, conversazione intercettata ambientalmente dagli investigatori. «Questa congiunzione astrale tra… tipo l’allineamento della cometa di Halley, hai capito cioè? Noi Marcè dobbiamo sfruttarla sta cosa secondo me cioè guarda ci rimangono due anni».

Quasi un’ossessione, quella del tempo, per Mezzacapo, che riferiva la conversazione avuta con De Vito all’imprenditore Gianluca Bardelli: «Adesso hai un anno, se adesso non facciamo un cazzo in un anno però allora voglio dire mettiamoci il cappelletto da pesca, io conosco un paio di fiumetti qua ci mettiamo là, ci mettiamo tranquilli con una sigarettella, un sigarozzo là, con la canna e ci raccontiamo le storie e ci facciamo un prepensionamento dignitoso». «A Roma – gli rispondeva, con un’analisi obiettivamente molto lucida, l’esponente grillino messo a capo dellAassemblea capitolina pur di evitare il conflitto perenne con la sindaca Raggi – avresti vinto pure con il Gabibbo». E così è stato, in effetti.

ANCHE DE VITO comunque, stando alle intercettazioni telefoniche estrapolate nell’ordinanza, sembrava ansioso di incassare i soldi ottenuti dai gruppi imprenditoriali Toti e Statuto: «Va beh, ma distribuiamoceli questi», diceva a Mezzacapo. Lui invece prendeva tempo: «Ma adesso non mi far toccare niente, lasciali lì… a fine man… quando tu finisci il mandato, io ci… se vuoi non ci mettiamo altro sopra se vuoi, eh. La chiudiamo, la distribuiamo, liquidi e sparisce tutta la proprietà, non c’è più niente e allora però questo lo devi fa’ quando hai finito quella cosa».