Ancora scintille, e che scintille, tra Mosca e Londra. Ieri il ministro degli esteri russo Sergey Lavrov, prima di partire per il Giappone, ha fatto convocare presso i propri uffici i diplomatici di 21 paesi. Qui, il direttore del Dipartimento del ministero degli affari esteri russo per la non proliferazione e il controllo degli armamenti Vladimir Ermakov, ha lanciato pesanti accuse nei confronti della Gran Bretagna in relazione al tentativo di avvelenamento con gas nervino dell’ex agente russo Sergey Skripal lo scorso 4 marzo.

«LA LOGICA – ha sostenuto il funzionario – suggerisce solo due possibilità: o le autorità britanniche non sono in grado di difendersi contro questo tipo di attacchi sul loro territorio oppure direttamente o indirettamente c’è la loro regia dietro questo attacco».

UN’ACCUSA PESANTISSIMA che ha provocato imbarazzo negli invitati. E dato che le ambasciate americane e britanniche avevano receduto dall’invito, l’incontro da «riunione di lavoro e di discussione» come l’aveva presentata il braccio destro di Lavrov, Marya Zacharova, si è trasformata in un monologo di Ermakov. Quest’ultimo ha ricordato che «Londra senza spiegazione ha negato l’accesso a Mosca dei materiali di Scotland Yard sul caso Skripal». Più che su basi politiche Londra sembra agire come se fossimo sulla scena di thriller di basso livello» ha affermato.

SI È APPELLATO poi ai diplomatici presenti perché consiglino al Foreign Office «di smetterla con il surrealismo e passare alla politica, come ad uso nelle reali relazioni internazionali».
Proprio mentre era in corso l’incontro, le agenzie battevano le nuove dichiarazioni di Boris Johnson che in qualche misura confermavano il carattere ormai surreale del confronto tra il Cremlino e Downing Street.

Al deputato Ian Austin – che sosteneva la tesi dell’utilizzo di Putin dei mondiali di calcio della prossima estate in chiave propagandistica allo stesso modo di come Hitler aveva usato le Olimpiadi del 1936 – Johnson replicava: «Penso che questa caratterizzazione sia corretta» per poi concludere: «la tempistica dell’attacco a Salisbury è probabilmente strettamente connessa con le recenti elezioni in Russia».

Il che faceva sussurrare a un diplomatico del nord Europa (che ha preferito mantenere la riservatezza) presente all’incontro moscovita che «Putin non è un angelo come si è visto nella vicenda di Afrin, e i brogli alle elezioni ci sono stati, ma da qui a trasformarlo nel capro espiatorio di tutti i crimini del mondo ce ne corre».

A RENDERE ancora più ingarbugliata la matassa è giunta qualche giorno fa la decisione della procura russa di aprire un fascicolo «per omicidio» sulla morte, il 12 marzo scorso, di Nikolay Glushkov, socio in affari di Boris Berezovsky nell’era Eltsin ed esule anche lui nel crocevia di Londra.

UNA «MOSSA DEL CAVALLO» quella russa visto che Scotland Yard aveva invece aveva parlato di suicidio e sostenuto che non vi fosse «legame alcuno con il caso Skripal». Una vera e propria controffensiva giudiziaria di cui sentiremo ancora parlare.

Come – del resto – si continua a parlare dal 2006 dell’uccisione dell’ex spia russa Alexander Litvinenko avvelenata con il Polonio210 e di cui Londra ha sempre ritenuto Putin il mandante.

In una intervista al primo canale della tv russa Ort, il padre di Litvinenko, Walter, ha sostento che il figlio fu ucciso da Alex Goldfarb, un microbiologo russo che faceva parte del «cerchio magico« di Boris Berezovsky l’oligarca russo suicidatosi nel 2013 sempre a Londra. Secondo Walter Litvinenko, Goldfarb, già dissidente in Urss, è da sempre un agente della Cia.