Dal G7 in Giappone è arrivato il sostegno unanime al Governo di accordo nazionale (Gna) di Fayez al-Serraj in Libia. «Lavoriamo a stretto contatto con il governo unitario per restituire pace, sicurezza e prosperità», si legge nel documento finale dove si fa riferimento anche alla necessità di fronteggiare la minaccia terroristica dello Stato islamico (Isis) e di contenere il traffico di armi in Libia.

Eppure lo spettro dell’attacco non sembra davvero scongiurato. Nei giorni scorsi il capo di Stato maggiore Usa, Joseph Dunford, aveva ribadito come «un intervento internazionale in Libia fosse ancora allo studio» e potrebbe essere guidato dall’Italia, come già era stato paventato lo scorso febbraio. Non solo, secondo Dunford, la missione internazionale dovrebbe essere «a lungo termine». Eppure nella recente conferenza di pace di Vienna, il premier in pectore al-Serraj aveva chiesto di archiviare l’ipotesi di un intervento armato in Libia puntando tutto sulla fine dell’embargo sulle armi in deroga alla risoluzione delle Nazioni unite che aveva lo scopo di mettere freno al proliferare di armamenti nel paese.

A premere sull’acceleratore ci sarebbe anche Londra. Il governo inglese potrebbe inviare una nave da guerra della Royal Navy per fronteggiare il contrabbando di armi in Libia. La notizia è stata confermata dal premier David Cameron che però avrebbe chiesto il consenso preliminare delle Nazioni unite. Il Gna aveva richiesto all’Ue maggiore assistenza alla vigilia del lancio dell’Operazione Sophia in acque territoriali libiche per contenere il flusso di migranti. Gli sbarchi e i naufragi delle ultime ore nel Mediterraneo hanno confermato ancora una volta quanto il business delle migrazioni venga utilizzato dalle forze politiche contrarie al Gna sia in Tripolitania sia in Cirenaica per spingere l’acceleratore su un possibile intervento internazionale con il pretesto di frenare i flussi di profughi o soltanto per rafforzare il ruolo di Haftar, e quindi dell’Egitto.

Anche la stampa inglese ha interpretato l’annuncio di Cameron come un passo avanti verso un intervento britannico nel paese. Ma la conferma che la guerra in Libia sia già in corso, nonostante i proclami che la scongiurano, è arrivata dalla guida della Commissione esteri della Camera dei Comuni. Crispin Blunt ha chiesto al governo inglese di «rendere conto con precisione» cosa stiano facendo le forze speciali inglesi nel paese. Un missile Uk ha distrutto all’inizio di maggio (la notizia è stata diffusa solo nei giorni scorsi) un convoglio imbottito di esplosivo dei miliziani dello Stato islamico nella periferia di Misurata. «Non credo sia una sorpresa» che le forze di speciali inglesi attacchino Isis, ha aggiunto Blunt. Ma questo deve avvenire in seguito ad un voto parlamentare, ha chiosato. Le unità britanniche Sas e Sbs operano in Libia da oltre un anno anche se il governo inglese insiste che non ci sono militari inglesi sul campo. Il ministero degli Esteri britannico ha confermato che le forze inglesi in Libia sono lì soltanto per addestrare i libici. Il governo Cameron sarebbe pronto ad inviare mille uomini nel paese nell’ambito della possibile missione internazionale anti-Isis.

Anche il rinnovato impegno britannico nel paese si inserisce nella battaglia per la liberazione della città di Sirte dalle mani dei jihadisti. Solo ieri almeno 30 jihadisti di Isis sono stati uccisi da due missili lanciati dalle forze di Misurata, vicine al Gna. Il vice-premier di Tripoli, Ahmed Maitig, ha confermato che le milizie che appoggiano al-Serraj, confluite nel comando congiunto che opera a Sirte, hanno proseguito la loro avanzata verso la città natale di Gheddafi dopo aver liberato Abu Grein. Le forze del cartello pro-Serraj, al-Bunyan al-Marsoos (Struttura solida), sarebbero ad appena 50 chilomentri dalla roccaforte di Isis in Libia. Anche da occidente le forze vicine al generale Khalifa Haftar, che si è sempre rifiutato di riconoscere l’autorità di al-Serraj, starebbero proseguendo verso il centro di Sirte. Proprio Maitig ha confermato che il Gna non «vuole escludere nessuno», di fatto aprendo la strada all’ingresso nel Gna di Haftar che potrebbe così placare la sua opposizione ad al-Serraj che fin qui ha impedito ai parlamentari di Tobruk di votare per concedere la fiducia al nuovo governo unitario.