L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha «fortemente raccomandato» all’Ucraina di «distruggere gli agenti patogeni altamente pericolosi» e conservati nei laboratori microbiologici onde «prevenire ogni potenziale rischio di fuoriuscita». L’Oms lo ha confermato alla Reuters, senza specificare la data né l’esito della comunicazione. La rivelazione ha scatenato un nuovo allarme, anche perché si sovrappone alla accusa russa su un presunto programma segreto di armamento chimico-batteriologico dell’Ucraina. Ieri la Russia ha convocato d’urgenza il consiglio di sicurezza dell’Onu per esporre la sua versione: gli ucraini starebbero accumulando sostanze tossiche a Donetsk, Odessa e Kharkov per usarle sulla popolazione civile. Si parla di 80 tonnellate di ammonio, più barili di metallo da 200 litri non meglio specificati. «Le provocazioni in programma – sostengono a Mosca – hanno lo scopo di accusare la Russia dell’uso di armi chimiche».

Mercoledì, la portavoce del ministero degli esteri Maria Zakharova aveva sostenuto che l’Ucraina avrebbe ordinato la distruzione di campioni di peste, colera, antrace e altri patogeni prima del 24 febbraio, come riporterebbero documenti rinvenuti in Ucraina. Per Zakharova si tratta di un «tentativo estremo di cancellare le prove di un programma militare biologico» finanziato dagli Usa.
L’accusa è un vecchio cavallo di battaglia della propaganda russa: Mosca ha a lungo sostenuto che l’Hiv fosse stato messo a punto dall’esercito Usa.

Le parole dell’Oms confermano la versione di Mosca? In realtà, l’organizzazione non fa riferimento alle armi. Il rischio è che le bombe colpiscano strutture sanitarie in cui sono conservati agenti patogeni per motivi lontanissimi dall’uso militare. Qualunque laboratorio ospedaliero mantiene nei propri frigoriferi (la bassa temperatura impedisce la replicazione) campioni di virus e batteri prelevati dai pazienti e necessari per la diagnostica e lo sviluppo di terapie. Già prima della bomba alla maternità di Mariupol, l’Oms contava 16 ospedali attaccati dai russi.

Il rischio derivante da un eventuale bombardamento dei laboratori ucraini era stato segnalato dal direttore del Cooperative Threat Reduction Program (Cptr) Robert Pope già il 25 febbraio sul «Bulletin of the Atomic Scientist», storico organo degli scienziati pacifisti. «Se manca la corrente, i patogeni nei frigoriferi si scaldano. Se viene danneggiato il sistema di areazione o l’edificio e questi patogeni a temperatura ambiente fuoriescono dalla struttura, possono risultare contagiosi nell’area che circonda il laboratorio».

Che i laboratori ucraini siano sostenuti da finanziamenti Usa però non è una balla. Il Ctpr è un programma statunitense avviato nel 1986 per assistere le repubbliche ex-sovietiche nello smaltimento delle armi di distruzione di massa e di messa in sicurezza dei laboratori. Oggi, il 62% del suo budget è dedicato alle armi biologiche. La Russia ha interrotto la collaborazione con il Ctpr nel 2012 ma il programma ha continuato a operare nelle altre repubbliche. «In questi Paesi sono rimaste piccole quantità di vari patogeni, necessari per la sorveglianza delle malattie e per lo sviluppo di vaccini», racconta Pope. Il lavoro ha coinvolto anche i laboratori ucraini: «hanno più agenti patogeni di quanto raccomandato».

L’Ucraina non dovrebbe però ospitare germi troppo pericolosi, stando ai dati ufficiali. Il Paese infatti non dispone di laboratori di livello di biosicurezza 4, autorizzati ad operare con virus come Ebola, Marburg o vaiolo (l’Italia ne ha due). In tutta l’Ucraina c’è solo un laboratorio di livello 3 – costruito dagli Usa – in cui manipolare antrace, tubercolosi e lo stesso Sars-Cov-2. Anche al livello 2, tuttavia, si possono incontrare virus problematici come Hiv, epatite e influenza, che in caso di incidente possono diventare pericolosi. A Mosca dovrebbero saperlo.

Nel 1977, dall’Urss si sviluppò una pandemia influenzale che causò circa 700 mila morti, la cui origine fu a lungo un mistero. La netta somiglianza genetica tra quel virus e un ceppo risalente agli anni ‘50 era ritenuta sospetta da molti scienziati. Le analisi più recenti confermano che quella pandemia è probabilmente partita da campioni conservati in laboratorio di cui i sovietici avevano perso il controllo. E oggi è ricordata come l’«influenza russa».