L’Oms critica senza mezzi termini la «lentezza» delle vaccinazioni in Europa, intesa in senso largo (la Ue ma anche la Russia). Per Hans Kluge, direttore Europa dell’Organizzazione mondiale della sanità, la situazione è «inquietante»: l’Europa è travolta dalla terza ondata – è la seconda regione al mondo per diffusione della pandemia, ha spiegato Kluge – e la lentezza delle vaccinazioni è «inaccettabile». Solo il 10% della popolazione ha ricevuto una prima dose di vaccino e il 4% due dosi, «che sia chiaro – ha criticato – dobbiamo accelerare il processo rafforzando la produzione, riducendo gli ostacoli all’amministrazione dei vaccini, utilizzando tutte le dosi in stock», perché il ritmo troppo lento «prolunga la pandemia». Non una parola, invece, sull’export di dosi della Ue, sola zona al mondo ad averlo fatto in questi mesi, circa 70 milioni verso 41 paesi con 380 autorizzazioni (e un solo rifiuto, quello italiano all’Australia), mentre Gran Bretagna e Usa non esportano. La Ue è il primo contributore del sistema Covax, messo a punto dall’Oms per i paesi poveri.

La Ue cerca di difendersi. Bruxelles, che non aveva competenze in materia sanitaria ma le ha acquisite nel corso della crisi del Covid e intende allargarle e confermale nel prossimo futuro, ieri ha ribadito l’obiettivo di vaccinare almeno il 70% della popolazione adulta entro fine estate, cioè 255 milioni di persone (su 365). Il commissario al Mercato Interno, Thierry Breton, ha individuato 53 stabilimenti dove produrre vaccini e assicura che ci sarà un «incremento sostanziale di produzione» nei prossimi mesi, per arrivare all’«immunità di gregge» il 14 luglio (festa nazionale francese). La Ue sottolinea però che per produrre è necessario importare molti ingredienti (sembra paradossale, ma a Bruxelles spiegano che nel mondo oggi manca il vetro per i flaconi e c’è una corsa per accaparrarselo).

La commissaria alla Salute, Stella Kyriakides, spera che «le consegne di dosi triplichino nei prossimi mesi». La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha ammesso: «Evidentemente, tutti sappiamo che l’Europa sarebbe dovuta andare più in fretta». Il colpevole è AstraZeneca e il non rispetto dei contratti: anche nel secondo trimestre (aprile-giugno) ci sarà un forte ribasso sulle aspettative, solo 70 milioni (nel primo trimestre su 120 milioni promessi ne sono arrivati solo 30). Entro fine marzo, nella Ue sono state distribuite 100 milioni di dosi, ma solo 62 milioni sono state utilizzate (18 milioni hanno ricevuto due dosi), la causa è anche la diffidenza che si è diffusa su AstraZeneca e le oscillazioni in vari paesi su questo vaccino.

Nel secondo trimestre arriveranno nella Ue 200 milioni di dosi Pfizer (65 milioni nel primo trimestre). Per fine giugno, ci saranno anche 55 milioni del quarto vaccino autorizzato, Johnson&Johnson (che prevede una sola dose). In tutto, la Ue avrà a disposizione per i primi sei mesi di quest’anno 360 milioni di dosi. Ma entro fine anno, si arriverà a 2,3 miliardi, assicura Breton, sufficienti per i cittadini e per una consistente esportazione.

All’inizio della settimana, c’è stata una video-conferenza tra Emmanuel Macron, Angela Merkel e Vladimir Putin, dove è stato discusso dello Sputnik V e della possibilità di produrlo nella Ue (l’eventuale autorizzazione dell’Ema non avverrà prima di fine giugno).

Nel frattempo, gli ambasciatori dei 27 cercano di risolvere la disputa esplosa al Consiglio europeo il 25 marzo e lasciata irrisolta: come spartirsi i 10 milioni di dosi che Pfizer invierà in più del previsto? Ci sono paesi che hanno scelto l’opt out alla prima redistribuzione (in base alla popolazione) per i vaccini più cari e hanno puntato su AstraZeneca, ma che adesso vogliono tornare sulla decisione (ma le dosi abbandonate sono già state prese da altri paesi).