A cinque giorni dall’assassinio di Boris Nemtsov, le notizie sule indagini cominciano a lasciare il posto a riflessioni dei media russi e a qualche stoccata da parte occidentale. L’economista americano Paul Craig Roberts, uno dei padri della «reaganomics», afferma senza mezzi termini che «se Nemtsov non è stato ucciso dalla Cia per addossarne la colpa a Putin, allora, probabilmente, lo hanno ammazzato i nazionalisti russi, che vedevano in lui un agente di Washington». Craig è convinto che i media occidentali, senza nessuna prova, accuseranno Putin di aver eliminato un suo critico. Ma Putin è troppo intelligente, afferma Roberts, per fare un simile regalo a Washington; tanto più che Nemtsov, nonostante tutte le sue plateali esternazioni, non arrecava alcun danno alla sua popolarità.

Putin, ha chiesto un sensibile innalzamento del livello delle indagini, per metter fine fine alla catena di omicidi politici.

Serghej Markov, ex deputato di «Russia Unita» e amico di vecchia data di Nemtsov, in un’intervista alla Cnn, afferma che tutti gli indizi conducono a Kiev, il cui obiettivo è quello di destabilizzare la Russia. Markov accenna anche al fatto che la 23enne ucraina Anna Duritskaja, partner di Nemtsov e in sua compagnia al momento dell’omicidio, era stata l’amante di Juri Bereza, comandante del battaglione neonazista ucraino «Dnepr-1». «Come regola» dice Markov «il killer uccide anche i possibili testimoni; ma la Duritskaja non è stata toccata».

Dalla colonne del conservatore francese Le Figaro, la scrittrice Irina De Chikoff, irridendo al coro «democratico» di molti media, scrive che l’Occidente ha dimenticato di quale democrazia fossero figli i Nemtsov e i Gajdar, tutti in prima fila nelle riforme ultraliberiste eltsiniane. I russi ricordano bene, scrive De Chikoff, quale bordello significò l’avvento al potere di politici della generazione dei Nemtsov negli anni ’90 e la loro caduta con il crack finanziario del 1998, che portò alla fine della «pseudodemocratica ricostituzione della Russia». A lungo, scrive, i russi sono stati in collera con quella generazione, che li aveva condotti, dopo tante lacrime versate, a una nuova catastrofe e ancora oggi sono in molti a non averli perdonati. Sembra che i media occidentali, afferma De Chikoff, si siano scordati di come negli «anni migliori della democrazia trionfante», nell’epoca dei Nemtsov, Gajdar, Javlinskij, decine di banchieri, deputati, giornalisti, imprenditori, fossero stati uccisi allo stesso modo di Nemtsov, con pallottole alla schiena.

Con una visione meno interna al panorama russo, ma molto più drammatica, il presidente della «Assemblea popolare» di Ucraina e Novorossija, Igor Druz, su Segodnija.ru, associa la fine di Nemtsov all’inizio della Terza guerra mondiale, ricordando come le due precedenti conflagrazioni siano cominciate con provocazioni. «Ecco che ora avviene l’omicidio di Nemtsov, proprio quando la tensione internazionale è aumentata in modo inaudito. È certo augurabile che l’attuale provocazione non giochi un ruolo così fatale nella storia mondiale, ma si può non dubitare che l’assassinio di Nemtsov contribuirà al crescere dei disordini in Russia e, di conseguenza, dei conflitti internazionali».

Oggi, in un mondo in cui domina l’idolo della democrazia liberale, scrive Druz, «il suo «gran sacerdote», Washington, guarda all’uccisione di ogni suo rappresentante, come a un attentato a se stessa. «Sono convinto che Nemtsov, implicato in numerose macchinazioni finanziarie, sostenitore della prima e della seconda Majdan, sia stato ucciso dai suoi curatori occidentali, allo scopo di sollevare una rivolta «colorata» anche in Russia», conclude.