Quale che sia l’esito della notte elettorale americana, ancora in corso mentre il manifesto va in stampa, tutti gli osservatori concordano su un punto: dell’ombra di Donald Trump il Paese farà una certa fatica a sbarazzarsi. Perlomeno rapidamente.

È INTORNO a questa considerazione, espressa attraverso approcci diversi e modalità di indagine non sovrapponibili, che sembrano però convergere due recenti volumi pubblicati da Mimesis che riflettono sulla figura del tycoon e sulla fase che attraversano gli Stati Uniti. In Trump e moschetto (pp. 184, euro 16) la filosofa Anna Camaiti Hostert e l’autore Rai, e studioso di Mussolini, Enzo Antonio Cicchino analizzano in qualche modo in parallelo le figure del presidente statunitense e del duce del fascismo indagando, attraverso una ricognizione centrata sull’uso delle immagini, dei mass media e dell’informazione, profilo, ascesa al potere e personalità di entrambi. Al di là della provocazione intellettuale che fa da sfondo all’intrigante inchiesta, si staglia la riflessione sull’estrema «novità» dei due personaggi, sul carattere innovativo e dirompente della loro «offerta politica».

«1922-2016. Estremi lontani, vicinissimi. Mussolini. Trump. Due vincoli nella storia. Letti come contemporanei, con lo stesso filo emotivo. Entrambi uomini di inizio. Primi del Novecento Roma. Primi anni Duemila Washington. – sottolineano gli autori – Motori ambedue di violenza, diretta del sangue l’uno, indiretta verbale di incitazione alla prevaricazione l’altro». Sullo sfondo, l’annuncio della grande pandemia da Covid-19, oggi, e «la spagnola» che tra il 1918 e il 1925 fece milioni di morti nel mondo.

L’AVVENTO DI UNA MALATTIA virale potenzialmente in grado di cambiare le coordinate degli equilibri internazionali, è lo scenario nel quale si muove anche L’America post-globale di Andrew Spannaus (pp. 199, euro 15) che dalla «frattura» rappresentata dall’elezione di Trump quattro anni or sono, con il suo evidente lascito attuale, si proietta nel «dopo».

In questo senso, per il giornalista americano, si tratta di «inquadrare la presidenza Trump come parte del processo più ampio che vede lo sgretolarsi di alcuni capisaldi della globalizzazione, principalmente su temi economici e di politica estera, dove la rivolta populista tra gli elettori di numerosi Paesi occidentali ha innescato un periodo di cambiamento che va ben oltre i singoli protagonisti politici». Un orizzonte destinato a protrarsi ben oltre il voto di oggi.