In occasione dell’anteprima di Kagemusha a Tokyo nel 1980, Akira Kurosawa fu avvicinato da Haruki Kadokawa che con il grande regista voleva congratularsi. Kurosawa non gli diede però né la mano né si degnò di rivolgergli la parola, perché, secondo lui, Kadokawa e la sua omonima casa di produzione rappresentavano l’anti cinema e la degradazione della settima arte. Fondata nel 1975 come braccio cinematografico dell’omonima casa editrice, la Kadokawa Pictures, nel bene e nel male, funse come apripista per quel che sarebbe diventata l’industria cinematografica giapponese dalla fine degli anni settanta in poi.

LO STUDIO, fra la fine degli anni settanta e i primi ottanta infatti, implementò anche nel mondo della settima arte il media-mix, strategia che crea e semina i prodotti culturali contemporaneamente e in diversi media, film, pubblicazioni cartacee, giocattoli, programmi televisivi, videogiochi e così via, in pratica la creazione di quello che oggi viene chiamato franchising transmediale. Rilevante per quello che sta succedendo in questi ultimissimi anni a livello distributivo è inoltre il fatto che nel 1983 lo studio realizzò due lungometraggi, Tantei monogatari e La ragazza che saltava nel tempo, e li fece uscire in contemporanea sia nei teatri che in videocassetta, Vhs e Betamax (le videocassette Sony). Il colosso giapponese non ha mai quindi avuto paura di provare nuove strade, anche se spesso a scapito della qualità, caratteristica che non sembra essere cambiata più di tanto negli ultimi quarant’anni.

NOTIZIA DI ALCUNI GIORNI FA è che il conglomerato cinese Tencent Holdings, attraverso una sua sussidiaria di Hong Kong, ha acquistato il 6,86 per cento del capitale della Kadokawa, 264 milioni di dollari, una mossa che ha sorpreso molti, specialmente in Giappone. Le dichiarazioni ufficiali parlano di un investimento che punta soprattutto all’espansione della produzione animata, Kadokawa è molto attiva nel settore e a un susseguente adattamento di queste animazioni in videogiochi, altro ambito in cui la compagnia giapponese si è espansa in questi ultimi decenni. Strategia che naturalmente è già ampiamente usata da Kadokawa e da quasi tutte le altre case di produzioni animate nell’arcipelago, ma che probabilmente avrà lo scopo di magnificare la produzione con un occhio di riguardo, sia dal punto di vista distributivo ma anche del materiale prodotto, verso l’enorme mercato cinese e quello globale. Tencent non è del resto nuova ad investimenti del genere, dal 2011 partecipa infatti come azionista, sia di minoranza che di maggioranza, in più di trenta compagnie produttrici di videogiochi al di fuori della Cina, compreso il Giappone stesso. Considerato su scala globale, questo nuovo accordo Tencent-Kadokawa può essere letto come ulteriore esempio di come il capitale cinese si stia muovendo su scala planetaria ad un ritmo e scala senza precedenti, tanto che sta influenzando anche la tipologia delle produzioni realizzate.

IN GIAPPONE però, questa notizia ha fatto alzare qualche sopracciglio, non solo a causa delle tensioni politiche che continuano a ribollire e a manifestarsi ad ogni occasione, ma anche perché, in ambito di produzione cinematografica, in questo caso animata, si tratta probabilmente di un unicum nella storia del Sol Levante. Nonostante il presidente di Kadokawa abbia affermato che «c’è più da guadagnare che da perdere» da questo patto, la paura che il governo cinese, attraverso Tencent, censuri, indirizzi ed influenzi certa produzione, ha fatto salire il livello di preoccupazione nella comunità degli appassionati di anima.