In una delle regioni fanalino di coda per numero di vaccini anti-covid somministrati, la Lombardia, (6.116, il 7,6% della popolazione, stando ai numeri aggiornati a ieri sera) c’è un dato che non torna: 51 dosi del farmaco Pfizer-BioNtech inoculate a pazienti nella fascia d’età tra i 16 e i 19 anni definita convenzionalmente «non a rischio». Un primato che svetta nelle tabelle ufficiali del ministero della Salute, specie se confrontato con quello di altre regioni: il Lazio, per esempio, con oltre 22 mila vaccinati di cui 35 tra i 16 e i 19 anni. Ma è impossibile avere informazioni più dettagliate su queste 51 dosi. Il Pirellone si fa trovare impreparato alle nostre domande: il direttore generale al Welfare, Marco Trivelli, sostiene di non essere a conoscenza del dato, che addirittura possa trattarsi di una «errata trascrizione dei numeri» da parte degli enti deputati alla vaccinazione: 65 hub su tutto il territorio regionale. Ma il numero resta cristallizzato sul sito del ministero per ore. «Il commissario Arcuri vuole interfacciarsi direttamente con le strutture che effettuano le somministrazioni. Perciò, la Regione non fa da filtro», spiega Trivelli lanciando la palla in tribuna. «Potrebbe trattarsi di operatori socio-sanitari. La verità è che non lo so», conclude il numero uno al Welfare.

Non sapere a chi siano state inoculate le dosi di questo farmaco – che intere nazioni attendono da mesi – è conseguenza diretta di un’organizzazione con tanti generali ma sguarnita di truppe, per usare una metafora bellica. Un impianto poliverticistico senza alcuna interconnessione. Il debutto del «super commissario» per il piano di immunizzazione, Giacomo Lucchini, non ha certo migliorato la situazione. Anzi, al binomio Ats e Direzione generale del Welfare, incaricati per vocazione istituzionale all’organizzazione della campagna, si è aggiunto un terzo soggetto. Con il risultato che le aziende ospedaliere sul territorio e le asl si stanno regolando ciascuna a modo proprio e senza un criterio univoco. Conseguenza ancor più sconcertante è che, oltre ai numeri di vaccinati insignificanti se rapportati alle oltre 80 mila dosi ricevute, Regione Lombardia non abbia idea di come proceda effettivamente la campagna sul territorio. E se lo sa, non lo comunica, fatta eccezione per i manifesti di efficienza ideati per la stampa. A mettere un po’ di pepe alle dichiarazioni ci pensa, però, l’assessore alla Sanità Gallera. Dopo aver detto di non voler «richiamare in servizio per il weekend i medici con 50 giorni ferie arretrate solo per le vaccinazioni», era stato pubblicamente attaccato dalla Lega, che aveva precisato di non condividere le dichiarazioni che «non rappresentano il pensiero del governo della Lombardia».

A distanza di meno di 24 ore a parlare è Matteo Salvini che ipotizza un rimpasto nella giunta lombarda. «Saprete a cose fatte», spiega il leader del Carroccio alla stampa. Certo, l’insofferenza del partito di via Bellerio per Gallera, di estrazione politica forzista, era già emersa in passato. C’erano state riunioni notturne al Pirellone con tutto il gotha leghista (nazionale e regionale). Più volte, poi, la decisione di non scaricare l’assessore per evitare di attirare sulla Lega gli strali dei cittadini e soprattutto di ammettere i fallimenti, coperti da Fontana fino al giorno precedente. Tra i corridoi del Pirellone, però, ormai i giochi sembrano fatti. È questione di ore: si attende solo la sfiducia, mascherata dalle dimissioni.