Potrebbe essere sentito dai pm di Milano già a settembre Andrea Dini, cognato di Attilio Fontana e amministratore delegato di Dama spa, finito nel mirino degli inquirenti per frode in pubblica fornitura per i 75mila camici a Regione Lombardia. Acquisto trasformato poi in donazione, su input di Fontana, per evitare lo scandalo del conflitto d’interessi. Troppo tardi. Perché dopo che Report aveva sollevato il caso, sono venuti a galla elementi che hanno ingarbugliato la matassa. Nella perquisizione alla sede di Dama, oltre al lotto mancante di camici (i 25mila mai consegnati al Pirellone e che Dini aveva provato a rivendere, senza successo) sono stati sequestrati anche documenti contabili e cellulari.

Ieri, i pm di Milano hanno affidato agli informatici delle fiamme gialle la copia forense del telefono confiscato a Dini. Gli inquirenti sono alla ricerca di «interlocuzioni con altri protagonisti della vicenda» per accertare i tentativi di Dini di rivendere il materiale per coprire il mancato guadagno. Non ci sono molti dubbi, invece, sul fatto che il governatore leghista avesse predisposto un bonifico dai conti svizzeri per risarcirlo e che l’operazione sia stata segnalata dall’antiriciclaggio a Bankitalia. La procura, in un filone dell’indagine, cerca anche di vederci chiaro sui “risparmi” dei genitori del presidente, a suo dire «fermi da 20 anni».

Se fino a qualche giorno fa a puntare il dito contro il governatore era solo l’opposizione, dal weekend si inseguono voci di un possibile commissariamento del leghista da parte dei suoi. Salvini da Sesto San Giovanni, dove in barba alle norme anti Covid ha dispensato abbracci, selfie e mascherine, smentisce. Ma il nome è già pronto: Davide Caparini, assessore al bilancio, che potrebbe diventare vicepresidente “operativo”.