I petromonarchi del Golfo hanno fatto una timida apertura al nemico Iran e accolto con (apparente) “favore” l’accordo sul nucleare raggiunto da Tehran con le potenze del 5+1. Hanno attaccato il presidente Bashar Assad, accusadolo di “genocidio”, e fatto appello alle “forze straniere” coinvolte nel conflitto – in riferimento alle milizie iraniane, irachene e libanesi che lottano a fianco di Damasco – perchè lascino la Siria. E naturalmente hanno espresso pieno sostegno alla posizione presa dall’Arabia Saudita nei confronti dell’Onu, per aver rifiutato, ad ottobre, il seggio al Consiglio di Sicurezza. Eppure dal vertice a Kuwait city, che si è chiuso ieri, dei sei paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg) – Arabia Saudita, Qatar, Bahrein, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Oman – esce sconfitta proprio la monarchia saudita che dall’incontro si aspettava un consenso unanime alla sua linea di scontro a distanza dall’Iran e di polemica accesa con gli alleati americani, “colpevoli” di non aver attaccato militarmente (per il momento) la Siria e di aver sdoganato diplomaticamente l’Iran.
Certo il Ccg ha annunciato la creazione di un comando militare inter-forze congiunto, con sede proprio a Riyadh, per rispondere alle «sfide regionali e internazionali» e «rafforzare la cooperazione in materia di sicurezza e militare». Tutti però sanno che questo comando unificato esisterà solo sulla carta. Più di tutto di monarchi Saud hanno dovuto digerire il secco “no” all’unificazione dei Paesi del Ccg alla quale lavorano da anni per imporre la loro linea di politica estera e petrolifera.
Il dominio saudita nel Golfo si è indebolito. A renderlo evidente era stato sabato scorso il rappresentante dell’Oman, il Paese più silenzioso del Ccg. Il ministro degli esteri del sultanato, Yusuf bin Alawi, ha annunciato che il suo paese rifiuta categoricamente l’idea di una unione dei Paesi arabi del Golfo. Uno schiaffo in faccia ai sauditi conseguenza, forse, della missione che il ministro degli esteri iraniano Javad Zarif ha effettuato la scorsa settimana in quattro petromonarchie, lasciando fuori proprio l’Arabia saudita e il suo stato satellite, il Bahrain. Zarif ha rassicurato gli interlocutori arabi e, si dice, avrebbe fatto pressioni proprio sull’Oman, con il quale ha ottimi rapporti, per evitare che il Ccg di Kuwait city si chiudesse con assalto frontale a Tehran. L’Oman infatti non ha alcuna intenzione di rompere i buoni rapporti che mantiene da lungo tempo con Tehran.
«Già nel 2011 Muscat aveva espresso la sua contrarietà all’unione politica degli Stati del Ccg ma questa volta il rifiuto giunge nel momento più delicato per Riyadh che già deve fare i conti con gli sviluppi del sistema di alleanze nella regione che la stanno indebolendo», spiega l’analista Madawi al Rasheed. Per il quotidiano pan arabo al Quds al Arabi «Ciò che preoccupa Riyadh, impegnata nella sua grande battaglia con l’Iran, è che Tehran ha saputo scagliare colpi inaspettati, spogliando l’Arabia saudita di un alleato dopo l’altro, dagli Stati Uniti al ‘fratello’ Oman». E a rendere più amara la medicina destinata ai Saud, è giunta la notizia che i soldati americani rimarranno per altri dieci anni nella base militare di Al Udeid, nel rivale Qatar, grazie a un accordo di cooperazione militare firmato ieri a Doha dal segretario per la Difesa degli Stati Uniti, Chuck Hagel, e il ministro della Difesa del Qatar, Hamad bin Ali Al-Attiya.