L’Olanda ha votato al 64% “no” (contro il trattato di associazione Ue-Ucraina, ma in realtà contro l’Ue). Un’alleanza tra euroscettici di estrema destra e di estrema sinistra, che tutto dovrebbe dividere su altri fronti, sta facendo tremare la Ue: è l’«altro referendum», prima di quello britannico che minaccia un Brexit nel prossimo giugno, che ha avuto luogo ieri in Olanda (le urne hanno chiuso alle 21), paese che assicura la presidenza semestrale del Consiglio Ue. Gli olandesi sono stati chiamati ad esprimersi pro o contro l’accordo di associazione tra Ue e Ucraina, stilato nel 2014 ed entrato in vigore, per la parte politica, il 1° gennaio 2015, mentre la parte economica è in atto dal 1° gennaio di quest’anno. Il referendum è consultivo, ma con la vittoria del “no” la Tweede Kammer deve rivotare. Ma quali partiti avranno la forza di smentire un voto popolare, a un anno dalle legislative del marzo 2017? L’Olanda potrebbe negoziare con Bruxelles un opt out sull’accordo con l’Ucraina.

L’Olanda aveva già votato “no” al referendum sul Trattato costituzionale nel 2005, seguendo 4 giorni dopo il gran rifiuto francese, affossando il progetto. L’accordo Ue-Ucraina è chiaramente un pretesto per gli oppositori. «Non ci importa nulla dell’Ucraina – ha ammesso lo scrittore Arjan van Dixhoorn, presidente del comitato per il “no” –: un referendum sull’adesione alla Ue non è ancora possibile, allora sfruttiamo ogni occasione per aumentare la tensione tra l’Unione europea e l’Olanda». Il fronte del “no” è molto eterogeneo: c’è il PVV, il Partito della libertà di Geert Wilders, l’estrema destra che sembra avere il vento in poppa per il 2017, accanto a Sp, la sinistra radicale, al Partito per gli animali e i “libertariani” VNL. Pro-accordo Ue-Ucraina si sono schierati i due partiti al potere, i liberali VVD del premier Mark Rutte e i socialdemocratici (PvdA) di Jeroen Dijsselbloem, il ministro delle finanze che è stato in prima fila nell’imporre austerità alla Grecia (e che anche in Olanda ha usato la mano di ferro sulla spesa sociale), un partito che perde quota e minaccia di crollare nel 2017 dal 25% del 2012 all’8,5%, stando ai sondaggi. Per il sì anche i cristiano-democratici Cda, i cristiano-sociali Christenunie, i liberal-sociali D66, gli ecologisti di sinistra GroenLink e i calvinisti Sgp.

Il governo ha cercato prima di minimizzare l’importanza del referendum, nella speranza che non venisse raggiunto il quorum del 30%. Ma da Bruxelles, Jean-Claude Juncker, ha drammatizzato: se gli olandesi votano no, «c’è un rischio su scala continentale». Il Britannico Nigel Farage dell’Ukip, lunedì è stato ad Amsterdam per sottolineare che una vittoria del “no” «invierà un messaggio forte all’elettorato britannico, dicendo che non siamo soli a dire che la Ue ha preso una direzione negativa».

I difensori del “no” sostengono che l’accordo di associazione è un primo passo verso l’adesione alla Ue che favorirà l’immigrazione, con la liberalizzazione dei visti. Il rifiuto di firmare l’accordo con la Ue, nel novembre 2013, dell’allora presidente Ianukovich provocò il movimento di Maidan. Il presidente attuale, Petro Poroshenko, parla di «una presa in ostaggio dell’Ucraina a causa di una discussione interna sul futuro della Ue».