Manovra promossa a Bruxelles ma con il solito avvertimento sul «debito alto» e il monito: «Spendete meno». Come previsto, la Commissione europea dà il via libera al documento di programmazione e bilancio, il primo firmato Mario Draghi.

IL CONTESTO RESTA quello dell’emergenza, il Patto di stabilità è sospeso fino al 2023 e il giudizio dell’esecutivo Ue non può non tenerne conto. La Commissione peraltro, nel cosiddetto pacchetto autunnale per il semestre 2022, plaude alle misure con cui l’Italia dà «priorità alla transizione verde e digitale», rispondendo positivamente alle raccomandazioni del Consiglio dello scorso giugno sulla necessità di una «ripresa inclusiva e sostenibile». Guai, tuttavia, a pensare che i fari di Bruxelles si siano spenti sull’andamento dell’economia italiana. Tocca al vice presidente della commissione Valdis Dombrovkis a fare la parte del “poliziotto cattivo”, annunciando che l’Ue farà «revisioni approfondite» per quei Paesi in cui sono stati già identificati squilibri macroeconomici e per chi, come l’Italia, presenta «squilibri eccessivi». Al suo fianco, il commissario Ue agli Affari Economici Paolo Gentiloni è più morbido: «Non ci sono richieste specifiche per l’Italia, la proposta di bilancio è stata approvata per diversi aspetti, l’Italia è in forma», sottolinea l’ex premier (e papabile per il Quirinale) rimarcando il ruolo nella crescita dell’efficace campagna di vaccinazione. E dicendosi «convinto» che il governo ha ben presente il problema della spesa corrente nazionale. «Mi auguro che nei prossimi mesi e anni agisca nella direzione» di contenere il suo aumento, sottolinea Gentiloni.

INTANTO A ROMA la manovra continua il suo ritardato, lento e accidentato cammino. Ieri sembrava finalmente risolto il problema «relatorei» quando d’improvviso è arriva un piccolo “Aventino” di Forza Italia in commissione Bilancio al Senato. I tre esponenti di Fi, Dario Damiani, Massimo Ferro e Fiammetta Modena nel pomeriggio hanno abbandonato i lavori: si sono sentiti – lamentano – trattati alla stregua di una forza di opposizione dal presidente della commissione, il 5s Daniele Pesco, che ha risolto lo stallo sui relatori nominando se stesso, e i due vice, Vasco Errani di Leu ed Erica Rivolta della Lega.
Senza rappresentanti al ministero dell’Economia, Fi pretendeva di accompagnare la manovra con un relatore e, in attesa di decidere se e quando scenderà dal suo Aventino (non è detto che basti la promessa di Pesco di coinvolgere i capigruppo nelle riunioni con relatori e governo), promette battaglia sugli emendamenti considerati identitari. Anche il Pd fatica ad accettare la soluzione varata da Pesco: fra i dem si evitano le polemiche ma è diffusa l’opinione di una nuova prova della debolezza dell’asse con un M5s ondivago.

Intanto in commissione Finanze da oggi si votano gli emendamenti al dl fisco: i relatori ne hanno presentato uno per destinare 990 milioni di risorse agli enti locali (incluso un fondo da 660 milioni per le spese sanitarie delle Regioni) e un altro che dà una stretta alle possibilità di ricorso da parte dei contribuenti destinatari di una cartella di pagamento che ritengono non sia mai stata notificata. Dal governo è in arrivo un emendamento per assorbire qui il decreto anti-frodi sui bonus edilizi.

Il nuovo terreno di scontro sulla manovra potrebbe si sposta però sull’Irap. La destra continua a chiederne il taglio, ma il governo sembra intenzionato a concederlo minimo e solo per il 2022. Lega e Forza Italia sono pronte a dare battaglia ma il fronte in Parlamento che punta a un azzeramento dell’imposta, almeno per le imprese più piccole, potrebbe allargarsi facilmente, a scapito dell’aumento di buste paga e pensioni.

NEL TAVOLO AL MEF sul bonus da 8 miliardi si ragiona su due ipotesi: una che abolisce l’Irap sulle imprese in base alla forma giuridica (taglio verticale) e una che fissa una soglia di fatturato sotto cui far scattare l’esenzione (taglio orizzontale) per un costo fra i 2 e 2,8 miliardi. Sull’Irpef invece il lavoro appare più avanzato: riduzione da 5 a 4 scaglioni, con ridefinizione delle aliquote e riordino delle detrazioni, che riassorbono il bonus Renzi, ora a 100 euro. Il tutto alla faccia di Bankitalia che chiedeva di lavorare su detrazioni e bonus in busta paga e pensioni perché il taglio dell’Irpef favorisce anche i redditi non da lavoro.

APERTO ANCHE IL FRONTE della lotta al caro energia: il governo ha stanziato due miliardi con la legge di bilancio per porre un argine ai prezzi ma il premier Mario Draghi ha annunciato di essere «pronto a investire anche di più» «perché è essenziale che il rincaro dell’energia sia limitato per le famiglie e le imprese».