Settimana calda per il governo. Oggi, è giornata di manifestazioni in tutta la Francia, sempre contro la Loi Travail, che è stata fatta passare con la forza (dell’articolo 49.3) all’Assemblée la scorsa settimana e adesso arriva al Senato, dove il voto è previsto per metà giugno, per poi tornare all’Assemblea. Domani, scendono in piazza – e proprio in place de la République, luogo-simbolo della Nuit Debout – i poliziotti del sindacato molto a destra Alliace, per protestare contro i casseurs che urlano alle manifestazioni «tutti odiano la polizia».

Giovedì si ripete, nuova giornata di manifestazioni in tutto il paese. Sette sindacati, dalla Cgt a Solidaires, ma con l’esclusione della Cfdt (che ha negoziato con il governo per modificare la contestata legge El Khomri) vogliono la testa della riforma.

Nel paese, un ultimo sondaggio dice che due francesi su tre vorrebbero il ritiro del testo di legge, ma non per questo appoggiano il moltiplicarsi dei cortei di protesta.

Oggi, alle manifestazioni si uniscono gli scioperi. Da ieri sera, sono scesi in campo i camionisti, su un articolo specifico della legge: quello che permette, dopo un voto dei rappresentanti sindacali a livello di impresa, di abbassare il compenso per gli straordinari dal 25% attuale fino al 10%. Nei salari dei camionisti il peso degli straordinari è importante e quindi temono che il datore di lavoro ne approfitti e tagli i costi (tra mille e 3mila l’euro l’anno per camionista). Poi, sono annunciati scioperi nei trasporti (ferrovie, metropolitana), negli aeroporti e tra i marittimi.

A Parigi e a Nantes, la Prefettura ha vietato ad alcuni militanti di partecipare ai cortei: in particolare, a Parigi si tratta di militanti del Mili (Movimento inter-lotte indipendente) e dell’Afa (Action Antifasciste).

Hanno ricevuto una lettera del Prefetto, Michel Cadot, che evoca l’applicazione dell’articolo 5 dello stato d’emergenza e proibisce la loro presenza negli arrondissement dove passa il corteo (dalle 11 alle 20) e dalle 18 fino a mercoledì mattina a place de la République e dintorni. Descritti dal Prefetto come «gruppi di individui con il volto coperto e caschi», sospettati di essere all’«origine dei disordini» ai margini delle manifestazioni, hanno risposto in modo bellicoso: «Volete farci uscire dalla porta, rientreremo dalla finestra», affermano all’Afa, facendo temere per oggi un pomeriggio caldo nelle strade di Parigi.

Anche a un fotografo professionista è stata proibita la partecipazione al corteo di oggi a Parigi. L’avvocato che lo difende accusa la Prefettura di attentato alla libertà di stampa.

L’iter della legge El Khomri prevede un passaggio al Senato, dopo il ricorso al 49.3 all’Assemblée la scorsa settimana. Il voto al Senato sarà verso metà giugno. Qui, dove il Ps non ha la maggioranza, dovrebbe passare la prima versione del testo di legge, o qualcosa di molto simile, cioè il progetto che più si avvicina alle tesi degli imprenditori. Poi, la legge El Khomri ripasserà all’Assemblée all’inizio di luglio, dove ritroverà la versione della scorsa settimana e il governo dovrebbe nuovamente far ricorso al 49.3, perché non ha la maggioranza per affrontare una votazione aperta. La sinistra critica dovrebbe cercare di avere i numeri per presentare una «mozione di censura», che gli sono mancati la scorsa settimana. La confusione è enorme e tutte le ipotesi – anche quella della convocazione di elezioni anticipate – ormai sono aperte. La destra, intanto, fa a gara nel proporre lacrime e sangue, a cominciare da una riforma del lavoro che farà rimpiangere la legge El Khomri.

In questa situazione, a un anno dalle presidenziali, è già innescata la corsa alle candidature. Ieri, è riemerso l’ex ministro dell’Economia, Arnaud Montebourg. In occasione di una marcia in montagna, diventata una tradizione annuale, Montebourg (che ormai lavora nel settore privato, come dirigente di Habitat), ha accusato il sistema politico di essersi trasformato in «una macchina per tradire» (le promesse elettorali).

Le Nuit Debout, in occasione del Global Debout di domenica 76 marzo (15 maggio), ha proposto di redigere The NoList, una lista delle società che vengono giudicate come non rispettose dei diritti (del lavoro, della salute, ambientali ecc.). I primi nomi che sono venuti fuori sono Coca Cola e McDonald’s.