«Se ho avuto modo di parlare con Mario Draghi? Il presidente incaricato sta facendo le consultazioni con i partiti»: il commissario straordinario Domenico Arcuri ha scelto la diplomazia ieri per schivare le polemiche. Matteo Renzi l’ha messo nel mirino quando ha cominciato a picconare il Conte 2 poi sono arrivati i commenti di Matteo Salvini e del consulente del ministero della Salute, Walter Ricciardi, pronti ad aprire la porta a Guido Bertolaso. Arcuri ha glissato sul futuro e rifatto i conti del piano vaccini: l’Italia ha superato lo step di un milione di persone immunizzate con entrambe le dosi (1.024.271 alle 19 di ieri), «primo paese in Europa» come viene ripetuto da settimane.

Dopo il taglio delle forniture, il ritmo è risalito: giovedì il picco con 95mila dosi somministrate. Ma siamo ancora nella Fase 1, quella più semplice da gestire perché riservata al personale sociosanitario e Rsa. E comunque gli intoppi ci sono soprattutto per odontoiatri e liberi professionisti, che faticano a trovare posto nella lista del personale da immunizzare. Nel Lazio, dove oltre l’80% dei camici bianchi che lavorano nel pubblico hanno fatto la prima e in molti casi anche la seconda dose, solo poco più di 700 liberi professionisti sono stati vaccinati tra i 13mila che hanno fatto richiesta.

Dalla prossima settimana si comincia con le Fasi 2 e 3, occorrono 13 milioni di dosi per 6 milioni e mezzo di persone. Si comincia con over 80, poi gli over 60 con patologie critiche e i vulnerabili: a queste categorie solo i farmaci Pfizer e Moderna. Astrazeneca invece andrà a chi ha meno di 55 anni: insegnanti, forze armate e dell’ordine, lavoratori dei servizi essenziali, carceri, personale di luoghi di comunità. Era il farmaco scelto per la somministrazione di massa, quello di cui è stato fatto l’acquisto maggiore, così si spera in nuovi studi che giustifichino l’impiego almeno fino a 65 anni.

Le prime 249.600 dosi di AstraZeneca arriveranno oggi, l’esercito le distribuirà tra le regioni. «A gennaio abbiamo ricevuto solo 2,3 milioni di vaccini – ha spiegato Arcuri -, a febbraio ne riceveremo 4,2 milioni, a marzo 8,2 se le previsioni saranno rispettate. Entro il primo trimestre avremo così 14,7 milioni di dosi, il 50% di quello che pensavamo di avere prima che iniziassero i tagli delle forniture. Considerando le scorte, potremo avvicinarci alla somministrazione della seconda dose di 7 milioni di italiani».

Logistica, anche qui non mancano le critiche. La Lega ha fatto i conti scoprendo che i centri vaccinali mobili, le Primule, volute da Arcuri costano più delle strutture da fittare sui territori e, in ogni caso, le regioni si stanno già muovendo creando hub vaccinali in palazzetti, musei, drive through, centri fieristici. Per la realizzazione delle Primule hanno risposto 4 cordate che raggruppano in totale 31 aziende.

Capitolo personale, altra grana. Il bando Arcuri è stato un flop sul fronte reclutamento infermieri, per adesso sono arrivati 1.295 tra medici e paramedici, altri 911 dovrebbero aggiungersi ma le regioni da settimane chiedono di chiudere l’accordo con i medici di base. La firma dovrebbe arrivare la prossima settimana: la tariffa a vaccinazione sarà di 6,16 euro. Ma come verranno pagati? Nella legge di Bilancio ci sono 100 milioni per prestazioni vaccinali extra da destinale al personale dipendente del Servizio sanitario, quindi non si possono usare in questo caso. I medici di base allora dovranno essere pagati dalle regioni e, come spiega la Federazione nazionale degli Ordini dei medici, «c’è il rischio che non veniamo coinvolti perché non ci sono i soldi. Il protocollo deve fare chiarezza su quali sono le capacità di consegna e come stabilire quale assistito vaccinare prima in caso di scarsità».

L’Alta scuola di Economia e management dei Sistemi sanitari dell’Università Cattolica ha fatto un po’ di conti: in Italia l’88,47% delle dosi consegnate sono state somministrate ma la copertura vaccinale è solo al 18,7%, «è necessaria una accelerazione». Rapporto tra vaccinazioni fatte e punti vaccinali: il valore più alto si registra in Veneto dove ciascun punto ha effettuato circa 26.024 dosi. Valori alti anche in Emilia Romagna (15.769), Toscana (10.567), Friuli Venezia Giulia (10.583) e Puglia (10.131).

Un basso rapporto invece in Basilicata (3.378) e in Valle d’Aosta (3.039). Negli ultimi 7 giorni, le regioni che hanno effettuato il maggior numero di inoculazioni per punto di somministrazione sono state: il Veneto (6.626), l’Emilia Romagna (5.128) e la Calabria (3.085). Al contrario, il numero più basso in Trentino Alto Adige (777), Basilicata (633) e Liguria (872). La Sardegna, la Calabria e l’Abruzzo attualmente sono le regioni in cui si sono somministrate meno dosi.