Le lotte nella logistica hanno messo a segno un nuovo colpo. Questa volta non si tratta solo di un’altra vertenza andata a buon fine. Si Cobas e Adl Cobas hanno firmato accordi con i corrieri Gls, Tnt, Brt, Sda. Solo Dhl non ha ancora firmato. Per questo il 19 marzo scorso è stato organizzato uno sciopero con picchetto in segno di protesta. Per i sindacati di base sono i primi accordi validi su tutto il territorio nazionale nel settore della logistica. Tra l’altro, le intese hanno ripristinato i passaggi di livello automatici in base all’anzianità lavorativa eliminati nella maggior parte dei contratti di categoria e hanno messo in discussione la pratica sempre più diffusa dell’appalto e dell’utilizzo delle cooperative. Su questo punto è prevista l’apertura entro giugno di un tavolo di confronto nazionale per il superamento della figura del socio-lavoratore, uno degli obiettivi delle lotte nella logistica in questi anni. I corrieri che fanno parte della Federazione Italiana Trasporti (Fedit) hanno così riconosciuto i Cobas come interlocutori. Per i sindacati saranno anche «costretti a ribaltare l’accordo firmato tra Fedit, Confetra e Cgil, Cisl e Uil» nel mese di luglio 2014.

La polemica contro questa intesa è stata dura sin dall’inizio. Per i sindacati di base «mira a superare progressivamente il sistema delle cooperative, ma in cambio vuole maggiore flessibilità dei lavoratori». Questo accordo è stato ritenuto responsabile di avallare un’ulteriore riduzione del costo del lavoro, mentre le aziende continuano a disinvestire in Italia. Prevede anche l’assunzione diretta dei lavoratori ai quali viene chiesto di rinunciare all’anzianità occupazionale e retributiva pregressa. Una volta concluso l’appalto, la cooperativa resta fuori da giochi mentre i suoi ex-dipendenti vengono riassorbiti dal marchio per cui lavorava in precedenza. I lavoratori vengono assunti come apprendisti, anche se in quei magazzini hanno lavorato 3, 4 o anche 15 anni. «Si tratta di un accordo funzionale al processo di ristrutturazione che sta interessando il settore e vede la dismissione, da parte dei grandi marchi, della distribuzione locale, complice il debole sistema di infrastrutture nel paese» sostiene Aldo Milani, segretario nazionale S.I. Cobas.

Contro l’accordo di luglio, i Cobas hanno indetto due scioperi nazionali del settore, il 16 ottobre e il 12 dicembre 2014, in corrispondenza con le mobilitazioni contro il Jobs Act e il piano casa Lupi organizzate dai movimenti sociali e per il diritto alla casa. Il 19 dicembre sono stati bloccati i centri di smistamento di Roma, Bologna, Piacenza, Verona e Padova. Una prova di forza da parte dei lavoratori che avevano già raggiunto risultati nelle singole aziende.

In seguito, la Gls ha accettato un accordo che prevede il mantenimento del posto di lavoro e delle condizioni retributive e contrattuali in caso di cambio appalto e migliora l’accordo Fedit sul pagamento della malattia, sul ticket restaurant e i passaggi di livello. Il 2 febbraio Sda, Tnt e Brta hanno firmato un preaccordo. Il 19 febbraio, hanno comunicato Si Cobas e Adl Cobas, è stato firmato l’accordo. Oggi chi lavora per questi marchi, nel passare dalla coop all’azienda, mantiene l’anzianità acquisita. «Ma soprattutto – sottolinea Milani – abbiamo messo in discussione quell’impianto che metteva la professionalità al centro della determinazione di un contratto. Un metalmeccanico, ad esempio, non può andare oltre il terzo livello. Quello che proponiamo ha invece la possibilità di scardinare questo meccanismo. Qualunque sia la professionalità, che tu sia carrellista o addetto al picketing, dopo 18 mesi passi al quinto livello che equivale al terzo per i metalmeccanici. Dopo sei anni passi al quarto J, un sottolivello del quarto. Questo non significa solo avere qualcosa in più in busta paga, va anche a rompere il tabù della professionalità e inverte la tendenza a sventagliare le categorie economiche».

Per il S.I. Cobas si tratta di un risultato immediatamente tangibile per i lavoratori che, in più, apre anche un piano politico più complessivo nel momento in cui i lavoratori del settore si trovano sotto l’attacco di un’ulteriore processo di flessibilizzazione.