L’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico non ha più confini. In Europa – dopo essersi estesa a sette paesi dell’ex Patto di Varsavia, tre dell’ex Urss e due della ex Jugoslavia (demolita con la guerra nel 1999) – sta incorporando l’Ucraina.

Le forze armate di Kiev, che da anni partecipano alle operazioni Nato in diverse aree (Balcani, Afghanistan, Iraq, Mediterraneo, Oceano Indiano), vengono sempre più integrate in quelle dell’Alleanza sotto comando Usa. Il 24 aprile è stato firmato un accordo che le inquadra di fatto nella rete di comando, controllo e comunicazione Nato.

Nel momento stesso in cui il parlamento di Kiev approva all’unanimità una legge che esalta come «eroico» il passato nazista dell’Ucraina e, mentre dichiara «criminale» ogni riferimento al comunismo mettendo fuori legge il Pc, definisce «combattenti per l’indipendenza ucraina» i nazisti che massacrarono decine di migliaia di ebrei.

In Lituania e Polonia, la Nato ha schierato cacciabombardieri che «pattugliano» i cieli delle tre repubbliche baltiche, ai limiti dello spazio aereo russo: l’Italia, dopo aver guidato la «missione» nel primo quadrimestre 2015, vi resta almeno fino ad agosto con 4 cacciabombardieri Eurofighter Typhoon. In Asia centrale, «regione strategicamente importante», la Nato sta incorporando la Georgia che, già integrata nelle sue operazioni, «aspira a divenire membro dell’Alleanza». Continua inoltre ad «approfondire la cooperazione» con Kazakhstan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan, per contrastare l’Unione economica eurasiatica (comprendente Russia, Bielorussia, Kazakistan, Armenia e, da maggio, il Kirghizistan).

Resta «profondamente impegnata in Afghanistan» (considerato, nella geografia imperiale, parte del «Nord Atlantico»), paese di grande importanza geostrategica nei confronti di Russia e Cina, dove la guerra Nato continua con forze speciali, droni e cacciabombardieri (52 attacchi aerei solo in marzo).

In Asia occidentale, la Nato prosegue l’operazione militare coperta contro la Siria e ne prepara altre (l’Iran è sempre nel mirino), come dimostra lo spostamento a Izmir (Turchia) del Landcom, il comando di tutte le forze terrestri dell’Alleanza.

Allo stesso tempo la Nato sta rafforzando la partnership (collaudata nella «campagna di Libia») con quattro monarchie del Golfo – Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Qatar – e la cooperazione militare con l’Arabia Saudita che, denuncia «Human Rights Watch», sta facendo strage nello Yemen con bombe a grappolo fornite dagli Usa.

In Asia orientale, la Nato ha concluso col Giappone un accordo strategico che «allarga e approfondisce la lunga partnership», cui si unisce un accordo analogo con l’Australia, in funzione anticinese e antirussa.
Con la stessa finalità i maggiori paesi Nato (tra cui l’Italia) partecipano ogni due anni, nel Pacifico, a quella che il comando della Flotta Usa definisce «la maggiore esercitazione marittima del mondo».

In Africa, dopo aver demolito la Libia, la Nato sta potenziando l’assistenza militare all’Unione africana, cui fornisce anche «pianificazione e trasporto aeronavale», nel quadro strategico del Comando Africa degli Stati uniti. In America Latina, la Nato ha stipulato un «Accordo sulla sicurezza» con la Colombia che, già impegnata in programmi militari dell’Alleanza (tra cui la formazione di forze speciali), ne può divenire presto partner.

Non ci sarà da stupirsi se, tra non molto, l’Italia invierà i suoi cacciabombardieri a «pattugliare» i cieli della Colombia in una «missione» Nato contro il Venezuela.